Giorni-cuscino tra Natale e Capodanno,
giorni di divano e Netflix, dove ho recuperato Vatican Girl, il documentario sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. La vicenda di quella che, come proposto da Eugenia Nicolosi, possiamo definire la prima vittima di femminicidio dello Stato del Vaticano s’intreccia con un altro fatto storico, l’attentato a Giovanni Paolo II.
Credevo di conoscere le linee principali di quanto successo a Wojtyla il 13 maggio 1981, ma un accenno veloce nella serie mi ha fatto scoprire di essere all’oscuro di una storia nella Storia.
A fermare la fuga di Mehmet Ali Agca e renderne possibile l’arresto da parte delle Forze dell’Ordine fu Letizia Giudici, una suora.
Quindi è stata una donna a bloccare a terra il terrorista che aveva appena puntato una pistola contro uno degli uomini più importanti al mondo.
Eppure la sua figura è stata in pratica cancellata dalla narrazione di quell’episodio.
Su di lei non esistono copertine di giornale né pagine Wikipedia e le sue poche interviste sono scarne e confuse (in alcune Ali Agca è armato, in altre no), spesso mischiate a quelle di altre persone presenti, come se il suo ruolo fosse stato più quello di una spettatrice che di una protagonista.
Sarebbe cambiata la Storia se quel giorno lei non fosse stata a San Pietro?
E come cambierebbe la storia se adottassimo il suo punto di vista?
Se alla prima domanda non possiamo trovare risposta, qualcosa potremmo fare per la seconda: immaginare.
«Ci sono solo predicatori maschi, volevo mettere in circolo una voce femminile. Nella Chiesa agli uomini spettano le cose importanti (amministrazione dei beni ad esempio), a noi ciò che è di poco conto. Tenerci in uno stato di infantilismo faceva bene a tutti. Molte suore, soprattutto nelle precedenti generazioni non hanno studiato. Molte non hanno sviluppato un senso critico. Ripetono le cose perché così sono state riferite loro».
Paola Lazzarini, Presidente e Fondatrice del gruppo “Donne per la Chiesa”.
Grazie a quest’articolo di Giovanna Genovese ho scoperto dell’esistenza delle suore femministe. Questo sì che è un ciclone in convento.
Pregherei per vedere una serie in cui Elena Sofia Ricci cita, in tonaca, bell hooks, ma dato che non credo in questo miracolo di Mamma Rai… Amen.
“I ricordi della mia infanzia sono costellati di figure religiose, ma poche cose nell’iconografia popolare cristiana mi spaventavano più dell’immagine tradizionale della Trinità (…). Disposte in una piramide che evocava gerarchia, le Persone divine del Padre, del Figlio e dello Spirito (…) davano vita a un quadretto comunque disturbante, composto da un vecchio barbuto e severo che interpretava il Padre, da un triste giovane caucasico che incarnava il Figlio, e da una colomba raggiante in volo che doveva suggerire l’identità eterea dello Spirito Santo. Non è necessario essere femminista per intuire che c’è qualcosa che non va in una rappresentazione del divino espressa attraverso due maschi e un uccello.”
Michela Murgia, “God save the queer - Catechismo femminista”
Segnalazioni per cambiare il proprio punto di vista:
Il trailer di Barbie, film della regista Greta Gerwig sulla bambola culto di Mattel, cita niente meno che “2001: Odissea nello Spazio”. Forse ci sarà più autoironia di quanta ci si possa aspettarne.
Un refuso può cambiare TOTALMENTE la storia di Babbo Natale.
Manda al contrario un video di coati (una sola “t”) e no, non ti apparirà l’immagine di Satana, ma una (prei)storica scoperta.
La storica d’arte Katy Hessel sta facendo un immane lavoro di divulgazione sulle artiste che non ci hanno insegnato a scuola. Per chiudere il cerchio, porto come esempio Corita Kent, rappresentante della Pop Art, attivista e suora.
Decisamente questa non è stata la canonica newsletter delle festività,
spero però di ritrovarti qui per la prossima. Giuro di lasciar stare i santi.