“Queste che sembrano solo canzonette superficiali o modi di alimentare soldi e spettacoli, però, sono un veicolo di accesso potente alla dimensione strutturale e allo stesso tempo invisibile del dominio maschile.
(…)
Sostenere che le canzonette fanno parte di questa struttura non significa dire che sono immediatamente responsabili, in un rapporto semplicistico di causa effetto, ma che ascoltandole con attenzione si possono cogliere dei segnali di dominio e oppressione.”
Carlotta Cossutta nella prefazione del libro “Il maschilismo orecchiabile” di Riccardo Burgazzi
Hanno coniato quest’espressione, “femminismo pop”, per sminuire il lavoro di studio, scrittura e produzione di contenuti social che rendono accessibili i concetti femministi.
Il femminismo, per come lo vorrebbero loro, è una cosa seria, ovvero seriosa, che deve stare a prendere polvere dentro noiosi tomi o occuparsi di ben altri problemi - quelli che in teoria dovrebbe risolvere la nostra classe politica.
Ho una notizia per queste persone:
non c’è niente di più pop del maschilismo.
Non ce l’hanno insegnato a scuola, eppure, se fosse un esame, lo passeremmo a pieni voti.
Lo abbiamo appreso così, semplicemente per osmosi attraverso i film
le pubblicità
i programmi TV
e le canzoni. Hai mai pensato a cosa abbiamo canticchiato negli anni con una buona dose di leggerezza?
“Bella stronza
Che hai chiamato la volante quella notte
E volevi farmi mettere in manette
Solo perché avevo perso la pazienza
La speranza, sì, bella stronza.(…)
Mi verrebbe da strapparti
Quei vestiti da puttana
E tenerti a gambe aperte
Finché viene domattina
Ma di questo nostro amore
Così tenero e pulito
Non mi resterebbe altro che
Un lunghissimo minuto di violenza.
Da femminista pop quale sono, vorrei citare Gramsci, che affermava che un gruppo domina sia con l’azione diretta che tramite la creazione di modelli culturali che rendono naturale e giustificato quel dominio anche agli occhi del gruppo subordinato.
Ecco perché per smantellare il sessismo riflettiamo sul linguaggio e sui prodotti culturali. E scusateci se mentre lo facciamo dimostriamo anche di saper usare Photoshop.
È possibile parlare di musica questa settimana senza volare col pensiero a Shakira?
Clara-mente i brand che si sono ritrovati citati nel suo brano “BZRP Music Sessions #53” hanno colto subito l’instant opportunity di entrare nelle conversazioni social.
Il 12 gennaio Casio è approdata su Twitter (in controtendenza con quanto stanno facendo molte aziende) esclusivamente per twittare della vicenda.
Nemmeno Renault, casa della Twingo, è rimasta a guardare.
Silenzio, invece, da parte dei due marchi di lusso, Ferrari e Rolex, che sicuramente non contemplano l’ironia come optional del loro brand book.
(Forse a questo punto ti aspettavi che avrei analizzato il grado di femminismo di Shakira. Il motivo per cui ho deciso di non farlo l’ho spiegato su Instagram.)
Cose che ho letto ultimamente:
Chiamatelo pure “femminismo pop” quello che si fa sui social, ma quello che è andato in onda su Canale 5 nella prima puntata di “C’è posta per te” non lo definirei propriamente empowerment.
«La maggior parte di questi giochi da tavolo non è “pro-colonialista”, ovviamente. Ma simula una lunga storia di imperialismo europeo, il che significa necessariamente che molti di noi passano intere serate a cercare di capire il modo più efficiente per sfruttare le risorse (e talvolta la gente) di una terra appena “scoperta”». La citazione è presa da un interessante articolo del Post sui cosiddetti Eurogames.
Hai mai fatto caso a come siano ridicole le protagoniste femminili di alcune serie TV? BBC Comedy prova a farci ridere su (e, in effetti, con me ci riesce).
Buona settimana
e scegli con cura i prodotti culturali con cui ti nutri.
Flavia