Curioso il modo in cui la comunicazione viene (im)piegata per confondere, anziché per comprendere.
Lo hanno fatto con il “linguaggio ampio”, il cui obiettivo di visibilizzare i gruppi sociali marginalizzati è stato ridotto da detrattori e detrattrici all’ “uso della schwa”.
Lo hanno fatto con tutte le tematiche che hanno a che fare con la diversità, l’equità e l’inclusione, buttate nella raccolta indifferenziata del “politicamente corretto” inteso come “finto buonismo”.
Lo hanno fatto con gli “studi di genere” o “gender studies”, nati per comprendere ciò che è biologico e ciò che è culturale, e poi storpiati nello spauracchio della “teoria del gender” che minaccerebbe la tradizione.
L’hanno chiamata “stanza dell’ascolto”, ma si tratta di uno sportello gestito da un’associazione antiabortista per far cambiare idea alle donne dell’ospedale pubblico Sant’Anna di Torino che vogliono interrompere volontariamente una gravidanza.
Come se le pressioni che arrivano dall’esterno fossero diverse. Perché esiste già una “stanza dell’ascolto”, si chiama “società”.
Quella che ti chiede: “Ma quando lo fate un figlio?” come se fosse una questione di pigrizia.
Che ti piazza una bambola in mano quando a malapena sai reggerti in piedi, “così fai pratica”.
Che non ti ha mai parlato dei tuoi diritti riproduttivi, ma solo del tuo dovere di non abbassare ulteriormente la natalità di questo Paese, nonostante tutto, a costo di ogni cosa. Solo se sei bianca, però.
LOST IN TRANSLATION
“Swift si è firmata «gattara senza figli», citando l’ormai famigerata battuta di J.D. Vance sulla classe dirigente dei Democratici. È possibile che in Italia ci sfugga qualche sfumatura, perché dalle nostre parti la «gattara» è stereotipicamente una donna trasandata e anziana, «una vecchia sola (spesso zitella), scontrosa, sporca, brutta e tipicamente povera, talvolta perfino alcolista», scrive Wikipedia. Ecco, non è di questo che parlano gli americani, sia Vance che Swift, quando usano questa espressione: parlano delle giovani donne, soprattutto se universitarie, progressiste e di città.”
Dalla newsletter “Da costa a costa” di Francesco Costa
Le segnalazioni di questa settimana:
«Ha notato che ai bagni degli aeroporti c’è sempre la coda in quelli delle donne e mai in quelli degli uomini? Sa perché? Perché li ha progettati un uomo. Che non sa o non tiene conto che le donne hanno bisogno di più spazio».
Quanto è importante che questo messaggio non sia su un saggio femminista, ma nell’intervista che Julio Velasco ha rilasciato al Corriere della Sera.
Grazie alla denuncia di Miguel Galan, presidente della Scuola allenatori spagnola, si è scoperto che alcuni giocatori della Liga maschile farebbero firmare alle partner contratti pre-rapporti per proteggersi da accuse di violenza. Tuttavia il consenso è tale solo se può essere ritirato in libertà in qualsiasi momento. Come scrive Marcella Loporchio:
“Il consenso non dovrebbe mai essere ridotto a una semplice questione legale. È un dialogo continuo, una negoziazione che deve avvenire in un clima di fiducia e rispetto. La pratica di richiedere un contratto pre-coito non solo banalizza il significato di “sì”, ma crea un’illusione di sicurezza che può portare a comportamenti irresponsabili. L’idea di un contratto per tutelarsi da false accuse è, in sé, una risposta inadeguata a una questione complessa. Non si può risolvere un problema di violenza e abuso con un documento da firmare. Questo approccio non fa altro che spostare il focus dal rispetto reciproco alla paura di ritorsioni legali. È fondamentale che la società si interroghi su come educare le nuove generazioni a comprendere il consenso non come un obbligo legale, ma come un valore fondamentale nelle relazioni.”
La content creator Giulia Valentina ha condiviso le indicazioni dell’ospedale sulla valigia del parto e non ha potuto fare a meno di notare un certo squilibrio tra mamma e papà. “Sembra che lui debba andare a una gita in montagna, con cappellino e macchina fotografica” ha chiosato con la sua solita ironia.
Grazie alla mia collega Mara Rossi per la segnalazione.
“Ai miei tempi…” è l’inizio con cui a volte, inconsapevolmente, vogliamo convincerci che ci è andata meglio delle generazioni che sono venute dopo di noi. Non è sempre vero, lo sappiamo in fondo, no? “Ai miei tempi”, per esempio, a scuola non c’era così tanta attenzione per la convivenza delle differenze. Oggi invece è diverso e, grazie alla raccolta del materiale scolastico che Fondazione Libellula ha attivato per tutto l’anno, ho scoperto dell’esistenza delle strisce di lettura guidate, che favoriscono la concentrazione di bimbe e bimbi, in particolare con dislessia o disturbi dell’apprendimento. Meno male che non si è fermato tutto com’era “ai miei tempi”, quando questi utili strumenti mica esistevano.
Tony Effe continuerà a comporre i suoi testi misogini e si appellerà alla libertà artistica, ma Red Bull che sponsorizza 64 Bars con che credibilità parlerà di responsabilità sociale d’ora in poi? Grazie a Giorgia Camandona per la riflessione generata dalla condivisione di questo TikTok.
L’associazione di giornaliste GIULIA ha contato quante sono le donne a scrivere del mondo sulla stampa. C’è un leggero squilibrio.
Dall’9 al 14 settembre 2024
Firme in prima pagina: 836 uomini, 252 donne
Editoriali e commenti in prima pagina: 141 uomini e 23 donne
Interviste: 238 uomini e 88 donne
Una delle graphic designer più brave che conosca, Isotta dell’Orto, mi manda una cartolina dalla Biblioteca Valvassori Peroni.
Buon inizio di una nuova settimana,
Flavia
Le indicazioni per la valigia del parto mi hanno strappato una fragorosa risata.
Se ci sei passata e passato in quei momenti, specie da dentro la sala parto, capisci quanto possa essere determinante e importante l'intesa tra due persone. Poi sì, qualche fotografia la fai, ma sono momenti indimenticabili, con tutte le difficoltà e le gioie concentrate in un più o meno breve lasso di tempo.
Il pregiudizio si nasconde spesso dietro la nostalgia. Che fatica.