Venerdì ho partecipato al talk “Segni d’inclusione. Come dare forma ad un mondo migliore” all’interno della Biennale Internazionale di Grafica.
È stata l’occasione per riflettere sul mondo che abitiamo, fatto di concretezza e immediatezza, e quello per cui stiamo lavorando, occupandoci di DE&I.
C’è un grosso problema di comunicazione tra questi due mondi, perché parlano linguaggi diversi. In particolare il secondo ricorre spesso a parole astratte:
“inclusione”
“consenso”
“violenza sulle donne”.
Quanto è difficile rendere questi concetti in immagini dirette, senza scadere negli stereotipi?
Una buona soluzione, almeno secondo la mia esperienza, è quella di usare delle metafore.
Per esempio, parlare di iceberg della violenza di genere ci aiuta non solo a comprendere che non è solo questione di botte e urla, ma serve anche a responsabilizzarci collettivamente: non abbiamo commesso un femminicidio, ma davvero non abbiamo mai fatto una battuta sessista nella nostra vita?
Un altro ottimo esempio di metafora che semplifica, certo, una questione complessa, ma la rende anche più chiara, è quella della tazza di tè per comprendere i confini del consenso.
E come spiegare alle aziende perché è necessario dotarsi di norme anti-molestie?
Usando la metafora del kit antincendio: averlo non significa che il nostro stabilimento è più pericoloso di altri, anzi. Significa che, nel caso in cui dovessero iniziare le prime fiamme, le persone saprebbero dove recarsi, cosa fare e che strumenti avrebbero a disposizione per evitare l’escalation.
Che poi, effettivamente, le molestie sono una questione di sicurezza sul posto di lavoro.
E tu, quali stratagemmi o metafore usi per semplificare questioni complesse riguardo alla DE&I?
Le segnalazioni di questa settimana:
Abbiamo insegnato ai ragazzi che, per dimostrare la loro virilità anche in auto, devono andare veloci, scattare, non farsi superare. L’Osservatorio interministeriale francese sulla sicurezza stradale ha rilevato che, fra il 2022 e il 2023, nell’84% degli incidenti mortali c’era un uomo alla guida e che nell'88% dei casi, la vittima era proprio il guidatore, spesso giovane.
Anche in francese esiste il corrispettivo del nostro “Donna al volante, pericolo costante”, ma con una variante ancora più cruenta: “Femme au volant, mort au tournant - Donna alla guida, morte alla curva”.
L’associazione Victimes et Citoyens ha deciso di lanciare una provocazione per invitare a una maggior prudenza: “Guida come una donna”.
Conosco molte professioniste competenti, ma sono poche quelle che, quando vengono invitate a parlare in pubblico, si sentono all’altezza della situazione.
Da oggi ricorderò loro che al massimo non sono ad altezza leggio: pare infatti che sia stato pensato per la statura media di un uomo, 20 cm in più di quella di una donna.
Grazie a Debora Moretti, Presidente di Fondazione Libellula, per questa segnalazione, che arriva da uno speech di Annamaria Testa.
Mentre da noi è già passata, in UK la Festa del Papà si terrà il 16 giugno, con tutto il suo carico di biglietti d’auguri reiteratori di stereotipi: l’immaginario rievoca il mondo del fai da te, le parole sono taglienti, sarcastiche, ben lontane dall’amorevolezza riservata alla Festa della Mamma.
L’agenzia The Or ha deciso di cambiare le cose, cominciando a cambiare il design di queste card e a incoraggiare la narrazione di figure paterne in grado di esprimere le proprie emozioni.
Non è finita qui: le cartoline, realizzate da 30 artisti/e, sono state messe all’asta e il ricavato andrà all’associazione CALM (Campaign Against Living Miserably), che si occupa di prevenzione al suicidio.
“Quando entravamo in queste aule d’anfiteatro, tutti a gridare: “Nuda! Nuda!”
Amalia Ercoli Finzi, la “Signora delle Comete” (no, non è il titolo di una saga di Tolkien, è il sessismo benevolo della lingua), prima laureata in ingegneria aeronautica in Italia, racconta in questa intervista anche cosa significava essere una delle 5 donne sui 655 studenti del Politecnico di Milano negli anni ‘60.
Grazie a Denise Lo Piparo per la segnalazione.
Anna Haholkina, modella italo-ucraina, ha scoperto di essere finita sui manifesti elettorali della Lega, nonostante i diritti delle sue immagini su Shutterstock esplicitassero che non potevano essere utilizzati per scopi politici. Ora sta pensando di fare causa: “Non voglio essere affiancata ad alcun partito, soprattutto perché questi cartelloni elettorali sono razzisti. E non accetto di finirci sopra” ha dichiarato.
Grazie a Stefano Ficagna per la segnalazione.
Coop ha preso posizione sulla latitanza dell’Italia dai Paesi firmatari della Dichiarazione UE sui Diritti LGBTQIA+.
Il brand E45 ha realizzato uno spot per raccontare la skin routine di alcune persone trans, teaser di una serie che si intitolerà “In my skin”.
Ancora pochi posti disponibili per Mentor For Charity, l’iniziativa con cui
mette a disposizione il suo tempo e le sue competenze per fare da mentore ad aspiranti comunicatrici/comunicatori. Il ricavato andrà a RinaSHEta, progetto di Fondazione Libellula per il (re)inserimento lavorativo di donne in uscita dal ciclo della violenza.
Per ora è tutto,
se stai leggendo questa newsletter nella mattina del 26 maggio, sei a Milano e parteciperai al Festival Del Ciclo Mestruale (roba da 3 insiemi del Diagramma di Venn): ci vediamo alle 16:30 per parlare del “Corpo gabbia”.
Se invece sei a Milano il 30 maggio, in orario aperitivo mi trovo con Nicoletta Alessi e Chiara Bacilieri per parlare di donne e lavoro da Open.
Altrimenti, ci si ritrova qui tra un paio di settimane.
Stammi bene,
Flavia
Quanto mi sei mancata Brevi! ❤️