“Ci sono cose più importanti!”
C’è sempre qualcuno che se ne esce con questa frase quando sollecito l’uso dei femminili professionali.
Ma capisco, capisco che le priorità possano essere altre: per esempio, quell’impellente necessità di dover pagare 10 mila euro in contanti e non poterlo fare.
Eppure mi sembra che il nuovo Governo non sia totalmente insensibile alla questione linguistica, anzi, non appena si è insediata, Meloni ci ha tenuto a comunicare come vuole essere chiamata:
il Presidente del Consiglio dei Ministri
a cui è seguita la specifica:
il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri.
A questo punto mi aspetto che arrivi una velina - nel senso di carta, non di Canalis - con un’ulteriore precisazione:
il Signor Maschile Neutro Presidente del Consiglio perché “è la funzione che conta”.
(Adoro questa scusa e la facilità con cui è possibile smontarla, dato che non ci preoccupiamo della funzione quando dobbiamo indicare l’operaia o la commessa.)
Che il rifiuto di usare i femminili professionali sia una questione ideologica e non grammaticale non sono certo io a dirlo, ma la linguista Valeria Della Valle, la docente dell’Università Ca’ Foscari Giuliana Giusti, la sociolinguista Vera Gheno e chiunque era presente alla lezione sulle declinazioni alle elementari.
Sto forse suggerendo che Giorgia Meloni sia ignorante? Tutt’altro, la sua è una precisa strategia per vincere la partita contro i femminismi. Come? Usando alla lettera le nostre istanze per ritorcercele contro.
“Avete chiesto l’autodeterminazione? E ora dovete rispettare la mia volontà di essere chiamata al maschile.
Urlate che vi toglieremo la 194? Vi garantisco che non la toccherò.
[Al massimo finanzieremo le associazioni antiabortiste, avvantaggeremo gli obiettori di coscienza e proveremo ad attaccare direttamente l’articolo 1 del Codice Civile sulla capacità giuridica di un embrione.]
Dite che vorrei le donne un passo dietro agli uomini? Guardatemi: vi sembra che io lo sia?
[E poi ho messo ben 6 donne a capo di un Ministero sui 26 disponibili. Saranno troppe? Meno male che la metà di loro è senza portafoglio.]
Mi avete definita un’estremista? E io farò tutte quelle cose che vi indispettiscono, come elencare una serie di donne che hanno fatto la storia, ma usando solo il loro nome. Vediamo se all’occhio comune non sembrerete voi le esagerate.
Scacco matto.”
Qui non siamo di fronte al solito politico maschio, bianco, etero, cis che percula pubblicamente le femministe. Qui la partita è con la prima donna al potere, che cavalca la narrazione dell’underdog e non sta facendo nulla di plateale.
Stavolta non ci saranno bambole gonfiabili portate sul palco di Soncino come ha fatto Salvini, nessuno tratterà le cittadine come prede sessuali in puro stile berlusconiano, ma tutto sarà più sottile e subdolo.
Quindi, quale mossa ci conviene fare a livello comunicativo per battere Meloni? Vediamo che opzioni abbiamo.
Continuare a denunciarne il maschilismo, col sopra citato rischio di apparire delle “nazifemministe” e fare il gioco del Presidente rendendolo (rendendola?) costantemente trending topic.
Ignorare le sue provocazioni, anche se il nostro silenzio rappresenterebbe comunque una sua vittoria.
Usare l’ironia per provocarla e far uscire allo scoperto la sua vera natura, ma ti ricordo che l’ultimo politico che è stato costantemente nell’occhio del ciclone dei comici è ancora tra noi, vivo, vegeto e TikTokTak.
Prevedere i costi delle sue politiche sui diritti civili e usare la leva economica per far breccia su chi ancora pensa che “femminista” sia il rovescio dell’essere maschilista. Per esempio, se l’aborto dovesse diventare illegale, quante persone in più dovranno essere poi curate in ospedale, per via dei metodi casalinghi a cui saranno ricorse? E questo quanto andrà a incidere sulle spese sanitarie nazionali? Lo so, è orribile ragionare così, ma in pubblicità mi hanno insegnato che se vuoi essere ascoltata da un determinato pubblico, devi adattare il tuo linguaggio a quel pubblico.
Dimmi tu che mossa faresti, perché io una risposta non ce l’ho.
E poi, a dir la verità, non so giocare a scacchi.
Lo spazio delle segnalazioni:
Prima ho menzionato la docente Giuliana Giusti. Online puoi trovare il suo corso gratuito “Linguaggio, identità di genere e lingua italiana” per l’Università Ca’ Foscari, nel quale spiega i femminili professionali, il maschile neutro e le declinazioni corrette. Io l’ho fatto e ho amato certe stoccate di Giusti:
“Ci vuole meta-competenza linguistica.
Altrimenti diciamo cose senza fondamento e questo è del tutto inutile”.
Dato che “ci sono cose più importanti”, ma intanto ci hanno tenuto a cambiare pure i nomi dei Ministeri, lo scrittore Marco Balzano ha fatto una proposta bellissima.
Pure di Balzano ho seguito un corso, ma quello per tua sfortuna non si può recuperare online.
Questa settimana ho imparato una parola nuova: femonazionalismo, ovvero l’uso strumentale di argomentazioni femministe per mantenere lo status quo. Lo spiega meglio di me Maura Gancitano di Tlon.
A “Stasera c’è Cattelan”, su Rai2, Francesca Michielin e Alessandro Cattelan hanno riformulato alcune celebri canzoni in maniera inclusiva. Il risultato è simpatico, ma la sensazione ahimè è che così non si sposti nulla e non si esca nemmeno dalla bolla.
Per questa settimana è tutto,
saluti dalla “capatrena” (cit.),
assistente di vola,
comandante di nava,
Flavia