Quanto piace alla stampa italiana sottolineare quando un personaggio pubblico si dichiara contro il linguaggio inclusivo. L’ultimo è Emmanuel Macron, che ha invitato il popolo francese a non “cedere alla moda del momento” e a usare il maschile come neutro.
Ho chiesto alla mia amica, attrice e autrice
, che fa la spola tra Italia e l’Oltralpe, se la notizia fosse effettivamente tutta qui.Ho così scoperto che c’è una controparte che nessuno dei nostri giornali riporta: un collettivo di 130 universitarie, scrittrici, artiste che ha ricordato un aspetto non di secondo piano.
Macron ha l’autorità politica, ma non l’autorevolezza né la competenza per parlare di questioni linguistiche.
Prova ne è il fatto che ha appiattito tutto a una questione di “puntini o trattini”.
Riprova ne è il fatto che ha parlato di “puntini o trattini in mezzo alle parole, che le rendono illeggibili”, quando in realtà la questione riguarda le desinenze, che sono alla fine delle parole - se proprio dobbiamo mettere i puntini sulle “i”.
A Le Monde, il collettivo ribadisce che:
"Non stiamo cercando di rendere illeggibile il linguaggio, cosa che ti avrebbe insegnato la lettura di libri pubblicati in un linguaggio egualitario, ma di rendere visibili le donne.”
Per questo la storia che “il maschile è neutro” non regge, ed è la storia stessa a insegnarcelo: in latino il neutro non veniva usato per indicare persone, ma oggetti o esseri inanimati. Il cosiddetto “maschile inclusivo” in Francia è stato ampiamente incoraggiato dal 17° secolo in poi, dagli intellettuali del tempo (no, qui il maschile non è sovraesteso), per ragioni evidentemente politiche, come dice Noemi De Lattre.
“Il linguaggio non si può imporre dall’alto!” tuonano le stesse persone che intanto aprono petizioni, come è successo in Italia, o fanno proposte di legge, come in Francia, per impedire che la lingua ampia venga usata nei documenti ufficiali.
E allora la domanda è: cosa fa loro davvero paura, che sia la lingua a cambiare o che a cambiare siano le persone che hanno una voce nella società?
I cambiamenti di queste due settimane di assenza della newsletter:
“C’è ancora domani” è rivoluzionario non solo perché è il primo film di Cortellesi come regista, non solo perché in una settimana è già il film italiano che ha incassato di più al botteghino quest’anno, ma anche perché, come dice Alice Cucchetti in
:
“C’è ancora domani guarda al neorealismo e alla commedia italiana del Dopoguerra, è in bianco e nero, spesso insegue l’essenziale nelle sue scenografie, inquadrature, movenze di macchina.
(…)
Perché utilizzare sempre il passato per parlare del presente, si è chiesto qualcuno? Beh, in casi come questi, anche perché quel passato è quasi sempre stato rappresentato in modo parziale, attraverso un solo punto di vista, consegnando all’immaginario e alla memoria collettivi un’idea fallata e incompleta di Storia.
(…)
C’è ancora domani non è solo ambientato nell’immediato Dopoguerra, ma esplicitamente richiama nella messa in scena, nelle scelte estetiche e di regia, nel citazionismo cinefilo, il cinema di quel periodo (con anche un vero e proprio “flashback cinematografico” agli anni 20-30, nei ricordi dell’innamoramento tra Delia e il marito Ivano); nel quale, certo, non mancavano i personaggi femminili, anche indimenticabili, ma difficilmente erano centrali, e soprattutto non apparteneva a loro il punto di vista sulla Storia e sul racconto. In questo senso, il film di Cortellesi discende da una genealogia italiana più letteraria che cinematografica, che va da Alba De Céspedes a Elena Ferrante.”
Lo spot di Natale della catena di grandi magazzini John Lewis è uno dei più attesi nell’ambito pubblicitario, grazie al livello sempre altissimo della sua creatività ed esecuzione. Dopo più di un decennio, si è interrotta la tradizionale collaborazione con l’agenzia Adam&eveDDB a favore di Saatchi & Saatchi.
Ecco il risultato:
Io mi sono fatta prendere così tanto dalla storia, che non ho fatto quasi caso all’assenza di una figura maschile adulta. Non inserire una famiglia “tradizionale” nello spot di Natale può sembrare cosa da poco, ma provateci a farlo in Italia.
Homer non strangolerà più Bart nei Simpson. “I tempi sono cambiati” è stata la motivazione.
L’immaginario dell’infermiera sexy ha origini lontanissime, che passa per tutta una serie di film (da “L’infermiera di notte” a “La vera gola profonda”); secondo uno studio del “Journal of Advanced Nursing, il 26% delle rappresentazioni cinematografiche tra il 1900 e il 2007 le mostrava come oggetti sessuali (fonte).
Quello dell’infermiera sexy è anche uno dei classici costumi di Halloween, ma il Consiglio Generale per l’Assistenza Infermieristica della Spagna ha chiesto a rivenditori di cessarne la vendita.
“Ci rammarichiamo della proliferazione degli abiti che denigrano e offendono la professione. Questi look danneggiano la percezione del lavoro da parte del pubblico e inoltre perpetuano un’immagine sessualizzata, banale e frivola di tutte le donne.”
Florentino Pérez Raya, Presidente del Consiglio Generale per l’Assistenza Infermieristica
Anche in Canada la pensano così, infatti hanno lanciato la campagna “Vrai costume d’infirmière”.
Le Olimpiadi di Parigi saranno le prime in cui il numero di atlete equiparerà quello degli atleti.
Settimana prossima a Milano si terrà BookCity. Non ho avuto modo di leggere (ironico, eh?) il programma per bene, ma consiglio qualche evento in cui mi sono imbattuta:
“La figura paterna e gli stereotipi nella narrativa contemporanea”, il 17 novembre alla libreria Verso, con Olga Campofreda, Mattia Insolia, Francesca Manfredi, Francesca Scotti;
“Ben detto”, un laboratorio pratico di scrittura inclusiva, il 18 novembre alla biblioteca Sicilia, con Diana De Marchi, Marilena Hyeraci, Alexa Pantanella e Maddalena Bellasio;
“Bookrave, un rave fatto di libri”, il primo diffuso lungo un anno che riunisce otto case editrici e diverse librerie. La prima edizione ha per tema i corpi e si svolge da Lato D, la libreria del desiderio, il 18 novembre;
“Eco-visioni. Contro il razzismo e il sessismo delle immagini”, il 19 novembre al Teatro Franco Parenti, con Anna Lisa Tota, Antonietta De Feo, Lia Luchetti e Lorella Zanardo. Modera Silvia D’Onghia.
Mercoledì allo IUAV di Venezia ci sarà una giornata dedicata alla parità di genere. E ci sarò anch’io.
Inizia un periodo particolarmente intenso per chi lavora negli enti del terzo settore che si occupano di prevenire e contrastare la violenza di genere, pertanto non assicuro l’uscita di questa newsletter la prossima settimana, ma ci leggiamo presto.
Flavia
Sempre felice di esser la tua corrispondente oltralpe :)
sempre ricca di spunti!