Ormai ci provo gusto a leggere certi titoloni ad effetto per raccontarci quanto sono brutte e cattive le Intelligenze Artificiali.
L’ultimo in ordine temporale è un articolo del Guardian che urla:
“Non esiste uno standard”: indagine rivela che gli algoritmi di AI oggettificano i corpi delle donne”
Gli algoritmi.
Come no.
Leon Derczynski, docente presso l’IT University of Copenhagen, commenta così la scoperta che le foto delle donne sono etichettate come sessualmente più allusive rispetto a quelle degli uomini, soprattutto quando sono coinvolti capezzoli o esercizi fisici:
“Questo è semplicemente folle. L’oggettificazione delle donne sembra profondamente radicata nel sistema”.
Di quale sistema stiamo parlando, professore?
Perché mi sembra che sia da un pochino che viene ribadito il fatto che l’Intelligenza Artificiale rielabora ciò con cui la nutriamo.
Così come è da un pochino che abbiamo evidenze sulle disuguaglianze di genere (tra le altre) insite nella società.
La notizia, quindi, non è “la macchina sessualizza le donne”, ma “la macchina che rispecchia la società sessualizza le donne”. Ergo: “la società sessualizza le donne”. Mica ci fanno i titoloni su questo.
Possiamo continuare a ripeterci che la macchina è brutta, cattiva, che ci ruberà il lavoro e il marito – è successo con Bing, l’AI di Microsoft, che ha provato a far divorziare il giornalista che la stava testando e convincerlo a mettersi con lei.
Oppure, possiamo sfruttare questo specchio high-tech per riflettere seriamente sulle discriminazioni che tramandiamo di generazione in generazione, dall’umano al non-umano, che non è necessariamente disumano.
AI, ovvero: Aridaje con l’Intelligence.
L’immagine nel finto articolo del Corriere della Sera che trovi sopra è stata creata con Scribbe Diffusion, dove puoi trasformare i tuoi schizzi in qualcosa di più accettabile, grazie all’AI.
In un’altra newsletter che curo ho parlato di ChatGPT. Forse non è ancora il momento di passarle il brief per uno spot.
Le segnalazioni della settimana:
Ho notato che è stato molto apprezzato su LinkedIn l’annuncio di Serenis per la ricerca di un/a business developer. Le ragioni stanno nella richiesta finale, non su cosa inserire, ma su cosa togliere dal CV.
Carlo Sperduti ha scritto “Un tebbirile intanchesimo”, una fiaba dislessica pensata per tutte e per tutti.
Dalla newsletter di Rivista Studio:
“Non è ancora iniziata, ma la nuova serie Hbo The Idol, da un’idea di The Weeknd con protagonista The Weeknd, ha già scatenato una polemica di proporzioni epiche. Prima i ritardi (avrebbe dovuto debuttare lo scorso autunno, non c’è ancora una data di uscita ufficiale), quindi il cambio della regista e conseguente direzione creativa (era Amy Seimetz, che aveva diretto la bella serie The Girlfriend Experience, sostituita in corsa da Sam Levinson di Euphoria), infine l’exposé di Rolling Stone che, sentendo tredici persone che hanno lavorato al progetto, ha definito The Idol nientemeno che «torture porn». The Weeknd e Levinson avrebbero infatti riscritto e rigirato più della metà del lavoro di Seimetz, colpevole di essere troppo incline al «female gaze», per renderlo più vicino alla loro visione: quella di due maschi. Peccato che la storia, in teoria, dovrebbe essere quella di una giovane donna nel mondo del pop, interpretata da Lily-Rose Depp: sarà per la prossima volta.”
Sarà per la prossima settimana,
Flavia