1995: Pepsi lancia uno spot per comunicare il nuovo concorso a premi.
Il racconto mostra un ragazzo che indossa i vari oggetti di merchandising in palio, mentre si accinge ad andare a scuola:
T-shirt: 75 punti Pepsi
Occhiali da sole: 175 punti Pepsi
Giacca di pelle: 1450 punti Pepsi
Niente di particolarmente originale fin qui, così l’agenzia pubblicitaria decide di aggiungere sul finale un tocco di creatività che riguarda il mezzo di trasporto del protagonista.
Harrier Jet: 7 milioni di punti Pepsi.
Chi per lavoro ha a che fare con i concorsi, avrà notato cosa mancava nello spot: chiaramente non il budget di produzione, ma la nota legale.
Già, perché dove non c’è un disclaimer, c’è uno spazio di possibilità, all’interno del quale è concepibile - anche se improbabile - ottenere davvero un aereo da caccia del valore commerciale di 32 milioni di dollari alla modica cifra di 700.000 dollari.
Ma chi prenderebbe sul serio una cosa del genere?
John Leonard. Questo (all’epoca) ventenne, più ricco di determinazione che di denaro, contro ogni probabilità statistica incrocia nella sua vita un eccentrico uomo d’affari che gli offre i suggerimenti e i mezzi per tentare di riscattare il premio e, in seguito, intentare una causa all’azienda per comunicazione ingannevole.
Non spoilero ulteriormente: quest’assurda storia, che a un certo punto vede il coinvolgimento diretto del Pentagono, è narrata nella mini docu-serie “Pepsi, where’s my jet?” che puoi vedere su Netflix.
Oltre alla curiosità della vicenda in sé e ai rimandi alla leggendaria battaglia di Davide contro Golia, addette e addetti ai lavori troveranno spunti per riflettere sul rapporto tra agenzia pubblicitaria / reparto marketing di un brand, o su come si sarebbe potuta evitare questa shitstorm.
E tu come giudichi lo spot di Pepsi, chiara iperbole o pubblicità ingannevole?
Fammelo sapere nei commenti.
Segnalazioni varie:
A proposito di Pepsi, in settimana ho condiviso la primissima idea che avevo messo in portfolio, ormai 15 anni fa. Sarebbe bello che i professionisti della comunicazione di oggi pubblicassero i propri lavori da studenti, con tutte le loro imperfezioni e ingenuità, così la smettiamo di parlare di “colpi di genio” e mostriamo che anche la creatività è un lavoro di cesellatura e maturità.
Creatività non significa necessariamente inventare cose nuove. A volte è trovare usi nuovi a ciò che esiste già, come ci insegna Lego con la sua Tour Eiffel.
Come si realizzano quegli spot in cui dal cielo cade un hamburger e i suoi ingredienti si mettono perfettamente in fila? Così.
In Spagna il governo, le aziende produttrici di giocattoli e le agenzie pubblicitarie hanno firmato un accordo per promuovere un’immagine plurale e non stereotipata dei giochi.
Ricordo che da noi sugli scaffali si trova ancora questa roba qui.
Errata Corrige
Nella scorsa newsletter ho sbagliato un hyperlink, quello dello spot del Comune di Londra sulla violenza machista contro le donne. Ringrazio Andrea Alesci per la segnalazione e per darmi modo di rimediare così.
Ti auguro una settimana senza errori e senza note legali dimenticate,
Flavia
Che video potente quello del Comune di Londra, e quello del governo spagnolo sulla disparità di genere nei giocattoli è portentoso: subito da condividere. Grazie Flavia!