Non c’è per me spettacolo più interessante del lamento del personaggio pubblico sul politicamente corretto che gli cucirebbe la bocca,
tarperebbe le ali,
fino al punto di censurargli i suoi stessi pensieri.
La sceneggiatura prevede:
Battuta: “Ormai non si può più dire niente!”.
Riferimento nostalgico a un’epoca passata – e indefinita - in cui era permessa vera libertà artistica. Stiamo parlando del ventennio fascista? Dell’editto bulgaro? Attendo maggiori delucidazioni.
Invocazione di una lobby potentissima. Loggia massonica? P2? No, “le femministe”. Spoiler: se fossimo davvero in grado di decidere quello che potete dire, non lo faremmo dai nostri account Instagram ma col culo poggiato nelle stanze dei bottoni.
Menzione alla “cancel culture” ed eventuale citazione di opere che oggi non sarebbero più ammissibili. È un bell’artificio per appiattire una questione complessa che richiederebbe più di una newsletter per essere sviscerata; per ora limitiamoci a ricordare che chi bruciava i libri e censurava i film non si è mai definito femminista.
La parte interessante è che il lamento del “non si può più dire niente!” avviene sui principali canali televisivi e quotidiani italiani, e che i suoi protagonisti non vedono l’ironia dietro tutto ciò.
Cioè, ci sarebbe materiale per fare della comicità, ma loro sono troppo patetici – nel senso letterale del termine – per vedere la vicenda col distacco necessario.
E non ci riescono nemmeno quando la comicità sarebbe il loro mestiere.
Di certo ricorderai quando Pio e Amedeo rimpiangevano i bei vecchi tempi in cui si potevano fare battute sulle persone nere e su quelle appartenenti alla comunità LGBTQ+ senza che nessuno provasse a metterle in discussione. Non lo hanno detto proprio in questi termini, ma usando degli slur, ovvero epiteti usati intenzionalmente per umiliare gli individui di quella categoria, mentre erano in prima serata su Canale 5.
Tuttavia non voglio usare questo spazio per criticare Pio e Amedeo, ma per dimostrare che in realtà mai come oggi si può dire molto, molto di più.
Si può dire (e ridere) di più, perché chi ha il microfono in mano non è più lo stesso tipo di persona, ma individui che vengono da esperienze di vita diverse.
“Non vorrei di certo essere un maschio bianco etero. Non in questo periodo storico, perché non è un buon momento per loro. Non vorrei diventare uno di loro neanche se mi pagassero. Anche se la paga sarebbe comunque più alta.”
Hannah Gadsby, Nanette
“Fox News è incredibile. Non ho mai visto così tanta gente lampadata odiare quelli di colore. È straordinario. E Fox News è a New York. Ogni giorno a pranzo passo davanti al loro palazzo. Vedo tutti gli impiegati: Hannity, Coulter, O’Reilly che se ne vanno e fanno la fila per il pollo halal. E io penso: “Uhm, i razzisti amano il piccante!”. Puoi essere razzista nella testa, ma il corpo a volte ti tradisce. Passano la mattinata a dire: “Messicani! All lives matter! Arabi! 12:01: Voglio un kebab!".
Hasan Minhaj, Homecoming King
Si può dire (e ridere) di più, perché finalmente si portano sul palco argomenti che finora sono stati taciuti.
“Sono tornata in terapia. C’è qualcuno in terapia? Soprattutto donne. Ecco il problema.”
Taylor Tomlinson, Look at you
“Un signore dopo lo show mi ha detto: “Ma poi quella blasfemia. La blasfemia non è mai divertente. Puoi prendere in giro i neri, i queer, anche quelli di colore, ma non puoi mai prendere in giro Gesù!”. Lo so. E non ha apprezzato il fatto che gli ho spiegato che tecnicamente Gesù era uno di quelli di colore. E su questo non si discute. Possiamo dibattere sull’esistenza di dio (…), ma se sei cristiano, credi che Gesù sia nato a Betlemme, in Medio Oriente. Come fa a essere bianco? Quello sì che sarebbe stato un fottuto miracolo.”
Daniel Sloss, Dark
“L’anno scorso ho avuto un aborto spontaneo. È una cosa comune. Molte ventenni, nel sentirlo, dicono: “Oddio, è così angosciante e terribile!”. Ho 33 anni: quando li avrete anche voi conoscerete un sacco di donne che hanno avuto un aborto spontaneo. È una cosa comune e vorrei che più donne ne parlassero, in modo da non sentirsi uno schifo se succede. Mia madre viene dal Terzo Mondo e quando gliel’ho detto mi ha risposto: “Be’, sì, da dove vengo io, è come perdere un paio di scarpe.”
Ali Wong, Baby Cobra
E pensa, si possono dire anche gli slur - se appartieni a quella fortunata casta che li ha subiti per tutta una vita.
“Stavo camminando per le strade di Chicago, facendomi gli affari miei, quando un tizio su un pick-up è passato e mi ha chiamato con la N-word. E sarò onesto: ci sono rimasto male. Più che altro perché guidava un pick-up. Credo fosse uno stereotipo non richiesto che non aveva bisogno di perpetuare. Se vuoi essere razzista, fai qualcosa di diverso! Pensa fuori dagli schemi. Guida una Prius: aiuti l’ambiente ed è silenziosa. Puoi cogliermi di sorpresa e siamo tutti contenti!”
Trevor Noah, Son of Patricia
Certo, questa comicità non è da tutti, e soprattutto non è da mediocri – nel senso letterale del termine.
Quindi, forse, non è per tipi come Pio e Amedeo.
Se ti hanno incuriosito gli e le comedian menzionati sopra, puoi trovare questi e altri sketch nelle storie in evidenza “Stand up” sul mio profilo Instagram. Recitate con maestria le loro battute fanno ancora più ridere. Tutti gli show menzionati sono reperibili su Netflix.
Segnalazioni politicamente scorrette:
Droghe, incesti, criminalità, sessualità di vario tipo, religione, etnie, gravidanze indesiderate. Se c’è una serie che non ha avuto paura di rischiare, quella è Shameless. Se non l’hai vista, puoi recuperarla su Amazon Prime.
Un’altra serie che consiglio è Big Mouth, che parla esplicitamente della sessualità attraverso gli occhi di un gruppo di adolescenti e dei loro mostri degli ormoni. Nella sesta stagione la puntata intitolata “La vergogna della vagina” affronta la questione dei peli pubici e della pressione sociale di raderli, dello sviluppo tardivo, delle infezioni. Viene anche riesumata una pubblicità realmente uscita negli anni ’70 per mostrare come funziona(va?) il mercato attorno ai prodotti per l’igiene intima.
Nel fare ricerche su questa pubblicità sono incappata in un articolo sul sessismo insito nel mondo delle lavande vaginali, e di come siano passate dall’essere presunti contraccettivi a prodotti puramente estetici.
David Sedaris scrive in “Quando sarete inghiottiti dalle fiamme”:
“Merda è il tofu delle parolacce, e chi parla lo può adattare a qualsiasi situazione. Un caldo di merda. Un vento di merda”.
Ti auguro di non passare una settimana di merda.
Alla prossima,
Flavia