Viaggiare guardando il mondo in ottica femminista significa rovinarsi un po’ la visione idealizzata che ti stavi facendo di un Paese.
Per esempio, sei in Giappone e stai adorando tutta la cura che viene impiegata in ogni azione, che sia per manutenere il verde urbano (con piccole cesoie, altro che tagliaerbe) o per ripassare (a mano) la vernice ai 10 mila torii del Fushimi Inari di Kyoto.
Hai appena cenato divinamente e stai già pregustando l’onsen che ti aspetta in albergo. Si tratta di bagni termali separati per uomini e donne poiché è obbligatorio entrarvi nudi.
Se fino ad allora il tuo viaggio ha combaciato con quello del tuo compagno, ecco che le vostre strade si dividono, e non solo perché avete due ingressi diversi.
Per accedere all’onsen femminile è necessaria una password, che viene cambiata ogni giorno ed è da richiedere alla reception andandoci di persona.
Nessuna password, invece, per l’onsen maschile.
“Not all men”, leggi sui social italiani che in quei giorni stanno dibattendo dei 7 stupratori di Palermo, però evidentemente “not a single man” si deve preoccupare che una donna venga a molestarlo mentre è in vasca.
Passa qualche giorno e sei ancora in adorazione, stavolta dell’efficienza dei trasporti pubblici giapponesi. Mentre sei indecisa se guardare le pubblicità che passano sul monitor del treno o se ammirare il paesaggio fuori dal finestrino, ecco che il tuo sguardo si posa su un cartello: quello che segnala che il vagone vicino è per sole donne.
La scelta di introdurre vagoni “di genere” non è stata presa a cuor leggero: inizialmente si temeva potesse influire negativamente sulla puntualità del servizio, ma dopo un record di denunce per molestie subite e un sondaggio, si è deciso di provare con questa soluzione.
“Se non ti ubriachi, il lupo lo eviti” sentenzia qualcuno in Italia, intanto i dati mi dicono che nemmeno le carrozze per sole donne hanno diminuito i casi di molestie a Tokyo. Chissà se qui un first-man ha mai commentato il fatto con un “Se non prendi il treno, il lupo lo eviti” anziché provare a responsabilizzare gli uomini che lo stavano ascoltando.
Passa ancora del tempo e stai fissando il dinosauro-robot che ti sta facendo il check-in nell’albergo totalmente automatizzato che hai prenotato. Applaudi a quest’uso sapiente della tecnologia applicata al marketing, poi per caso scopri che Apple ha dovuto realizzare iPhone ad hoc per il mercato giapponese per venire incontro alla legge che obbliga a mantenere il suono quando si scatta una foto. Si tratta di una misura intrapresa per contenere il fenomeno degli uomini che fotografano di nascosto le donne, soprattutto sotto le gonne. Per fortuna da noi non si è reso necessario arrivare fino a questo punto. Da noi ci sono i gruppi Telegram da decine di migliaia di iscritti che chiedono il video dello stupro di Palermo.
Not all men, ribadiscono loro,
ma da viaggiatrice mi sento di dire: all Countries.
MO’ ME LO SEGNO
La rubrica in cui iniziamo a contare
L’80esima Mostra del Cinema di Venezia vedrà 82 lungometraggi e 14 corti. Quanti di questi sono opera di donne?
Il 30%.
Un po’ più degli anni passati, un po’ meno di un’equa rappresentanza.
Cosa è successo in questo mese:
IN ITALIA
eBay è diventato title sponsor del campionato di Serie A femminile.
Flying Tiger ha portato il linguaggio inclusivo a scuola.
Il 28 luglio, al TEDx di Barletta, This Unique ha portato l’arte di Manhei Chan su
fogliassorbenti.
ALL OVER THE WORLD
Nelle strade dell’Aia è apparsa una campagna contro il catcalling (grazie ad Antonella Merlo per avermi passato l’immagine).
La città messicana di Chihuahua ha introdotto nel Regolamento dell’Intrattenimento e degli Spettacoli Pubblici il divieto di cantare testi misogini o che incitino alla violenza di genere nei locali dove si fa musica dal vivo. Prima di partire col solito coro del “Non si può più cantare niente!?!”, pensiamo al lato interessante dell’iniziativa: chi trasgredisce alla regola dovrà pagare una multa e il ricavato verrà devoluto a programmi per aiutare le vittime di violenza.
Il sindaco di Londra Sadiq Khan ha lanciato un film interattivo per responsabilizzare gli uomini sulla violenza machista contro le donne e capire quando intervenire.
La campagna “Maaate” arriva dopo “Have a word” e sottolinea come il rispetto parte dal linguaggio. Secondo la ricerca “Where’s the line?”, due uomini su tre vorrebbero intervenire ma non sanno cosa dire e un londinese su quattro tra i 19 e i 34 anni si pente di non aver rimproverato un amico o un familiare per comportamenti misogini.
In agenda:
Il 14 settembre Vera Gheno sarà a Milano ospite della Fuckup Night, l’evento in cui si celebra il fallimento.
Il 21 e 22 settembre si svolgerà online il primo festival del linguaggio chiaro, inclusivo e accessibile: DiParola.
Il 29 settembre sarò a Roma per parlare di “Escamotage creativi per portare l’inclusione in azienda” al Social Women Talk.
E la prossima domenica torna la newsletter.
Buona ripartenza,
Flavia
Non tutti gli uomini... Ma sempre abbastanza per amareggiarsi.
Per leggere un Giappone visto dalle donne, ti consiglio Seni e Uova di Mieko Kawakami (e/o), se non lo hai già letto.
Io ho vissuto in Asia un po' di anni e visitato il Giappone varie volte, ci sarebbe un sacco da dire, ad esempio anche del contributo (quasi nullo) che l'uomo medio giapponese dà nel crescere bambini e in genere nella vita quotidiana di coppia in convivenza.
Ho visto un sacco di scontri culturali notevoli tra le coppie miste del mio giro, su questo punto 😅
Se sei ancora lì, buona continuazione :)
Capisco benissimo il disappunto però andare in Giappone e pretendere, da uno dei paesi più maschilisti del mondo, un comportamento corretto... :-)
Da quello che mi raccontano alcuni amici ci stanno un po' provando a cambiare le cose ma serviranno almeno altre tre o quattro generazioni.
A ben vedere forse è proprio la nostra bistrattata Europa quella che si sta muovendo maggiormente. Serviranno comunque ancora un paio di generazioni almeno ma qualcosa sta cambiando, almeno spero.