Quale miglior testimonial per lanciare il progetto “Riportami al mare” dell’Aeroporto di Olbia se non LEI, che riesce a mettere la sua arguta ironia pure in un video istituzionale, scongiurandolo dal diventare il solito messaggio paternalista noioso?
“Volete un ricordo della Sardegna?
Portatevi a casa un Vermentino, un Pecorino, un bagnino di Olbia - io l’ho fatto, mi sono trovata benissimo.”
Pare che, per via di quest’ultimo riferimento, la battuta di Geppi Cucciari si sia scontrata contro uno scoglio, quello di chi ha commentato:
“Ma se fosse stato un uomo a dire che si portava a casa una bagnina, non avremmo urlato al sessismo?”.
Credo sia una domanda lecita, difatti uno degli esercizi che metto in atto quando devo scegliere le parole da usare è quello di applicare il gender swap, ovvero la commutazione del genere. Se continua a funzionare è ok, se suona strano è un segnale.
Francesca De Lena, sulla newsletter di
, ha un’opinione precisa in merito, che vado a riportare:“Perché non esiste parità nella declinazione di una stessa battuta al maschile e al femminile? Perché dirlo di una femmina non sarebbe uguale a dirlo di un maschio? Perché non si può fingere di vivere in un mondo in cui non esiste un immaginario comune, frutto di tempi lunghissimi, culture, prassi, accadimenti.
Ripeto: accadimenti. Spiaggia: quante volte abbiamo sentito di una violenza sessuale in spiaggia subita da un uomo? Quante volte subita da una donna?
Non si può fingere di non sapere che portarsi a casa una bagnina di Olbia sarebbe una battuta con dei difetti che portarsi a casa un bagnino non ha, perché la differenza tra le due non sta semplicemente (niente è semplice nelle differenze di genere) nel genere del personaggio nominato, nella sua desinenza a/o. Ma nell’immaginario. Figuriamoci davanti agli occhi la frase sul bagnino, cosa vediamo? I primi due esempi che mi vengono in mente:
Bel ragazzo muscoloso, solare, simpatico, gentile, pronto ad aiutare, che trasmette sicurezza e forza ed è capace di salvare.
Ragazzo che sopporta in maniera bonaria le avances di donne che non gli interessano (troppo adulte, poco attraenti, ecc), aiuta loro ad aprire ombrelloni e sdraio, si prende qualche carezza sul viso non desiderata (stile Dirty dancing o giù di lì, l’immaginario è fatto moltissimo delle storie che ci hanno accompagnato).
Ora figuriamoci una bagnina portata a casa. Possiamo provare a sostituire l’uomo con la donna nei due punti di prima, ok, quindi ragazza muscolosa e solare, ragazza che sopporta bonariamente le avances (mh, già facciamo fatica). Ma molto velocemente possiamo anche aggiungere:
Bagnina = belloccia senza capacità che sta lì per le tette e non perché sa nuotare e salvare
Portata a casa, come? Sulle sue gambe o ubriaca? Con reale consenso o con inganno? Con o contro la sua volontà? Può succedere anche agli uomini, sì certo. Ma succede? E soprattutto: quante chances ha un uomo di riuscire a difendersi, se gli succede? E quante ne ha una donna?
Di differenza di genere non si può discutere fingendo che occasioni, esempi e linguaggi siano intercambiabili: non lo sono. In una battuta, in una storia, la differenza tra bagnino e bagnina non la fa la desinenza a/o, il sesso, il genere o il corpo di per sé. La fa l'immaginario.”
Chiudo gli occhi e penso alla parola “bagnina”: nel monitor che ho nella mia mente di figlia della TV anni ‘90, arrivano le protagoniste di Baywatch. Stanno correndo, ma a ralenti, per permettere allo spettatore di indugiare su
ogni
singolo
balzello.
Certo, anche per i bagnini in corsa il tempo pareva dilatarsi, ma c’era meno morbosità nelle inquadrature e più epicità nel modo in cui venivano rappresentati.
Se devo poi contestualizzare l’immaginario in un lido italiano, ecco che il mio cervello si sintonizza su “Sapore di Mare”.
In effetti, inizio a pensarla come De Lena: l’esercizio del gender swap, della commutazione di genere, non è applicabile in questo caso, perché stiamo parlando di due mondi figurativi paralleli.
O forse, ho un pregiudizio positivo a favore di Cucciari, che ritengo una delle conduttrici più brillanti che abbiamo in Italia - non solo “tra le donne”, proprio tra tutte le persone pagate per condurre in televisione.
Lei che, come nella fiaba “I vestiti nuovi dell’Imperatore”, ci ha svelato che “Il Re Ministro della Cultura è nudo!” perché non aveva letto i libri che era stato chiamato a votare per il Premio Strega 2023.
Lei, che ha usato proprio il gender swap per parodiare la puntata di Bruno Vespa in cui un tavolo di soli uomini parlava di IVG.
Non sono sicura di riuscire a essere imparziale, per cui ti chiedo: tu cosa ne pensi?
Le segnalazioni di questa settimana, a tema sportivo:
Come sarebbe la squadra di calcio maschile dell’Inghilterra se non esistessero le migrazioni? Così.
“Se la cava bene considerando che è su una sedia a rotelle”. Uno spot che parla di Paralimpiadi, ma soprattutto di come dal nostro linguaggio trapeli un certo abilismo. Eppure le atlete e gli atleti devono affrontare gli stessi nemici: la gravità, il tempo, il caldo… E loro non sono di certo più clementi “considerando che”.
Anche nelle precedenti Paralimpiadi Channel 4 si è contraddistinta per una certa creatività nella comunicazione: se non li hai già visti, ti invito a recuperare i video “We’re The Superhumans” per Rio 2016 e “Super. Human.” di Tokyo 2020.
L’Italrugby prende posizione contro l’hate speech e gli stereotipi di genere legati allo sport.
La Lega Nazionale Dilettanti si è schierata per ambienti sportivi più inclusivi, contro il machismo e l’omolesbobitransfobia.
Luca De Simoni, Responsabile Sociale, ha dichiarato al Fatto Quotidiano: “La Lega Nazionale Dilettanti conta circa 1 milione 100 mila tesserati, il 70% di questi sono under 18, quindi c’è proprio una responsabilità di far passare i giusti messaggi (…) Dopo la famiglia e la scuola, lo sport è la terza agenzia educativa del Paese”.
Un anno fa mandavo una proposta alla Gazzetta dello Sport: farmi tenere una rubrica settimanale dal taglio ironico, apparentemente di commento alle partite di calcio maschile, che portasse un punto di vista meno machista-centrico.
L’avrei firmato con uno pseudonimo maschile, per poi svelare la vera identità in occasione dell’8 marzo.
Non ho mai ricevuto risposta a quella mail, ma posso dedurre, dalla pigrizia intellettuale con cui è stato scritto il titolo in prima pagina sulle gesta di Paolini a Wimbledon, che il linguaggio non sia in cima alla classifica delle loro priorità.
Chissà “tutto il rosa della vita” professionale delle 11 donne della redazione.
11 su 126 membri del team.
Altre segnalazioni:
In questi giorni potresti aver sentito alla radio uno spot di Fondazione Libellula sull’eredità invisibile che ogni bambina riceve alla nascita. Non l’hai sentito? Puoi recuperarlo qui.
Il mondo dei pastelli si sta attrezzando per una rappresentazione più ampia delle varie tonalità che può assumere la pelle. In questo post LinkedIn di Debora Moretti si parla in particolare di Giotto e Crayola.
Per lei capelli “lisci come seta”, per lui “hard cemento”. Come cambiano le parole sulle confezioni dei prodotti per il corpo in base al genere, nel reel qui sotto.
Lo stato del Victoria, in Australia, ha lanciato la prima campagna sulle discriminazioni delle persone trans, dal titolo “Il non detto dice molto”.
Grazie a Marcella Loporchio scopro che i Coldplay hanno realizzato l’ultimo singolo anche nella lingua dei segni.
Girovagando per Bologna, mi sono imbattuta nel Forno Brisa e nel suo manifesto.
I punti che più ho gradito:
Prodotti e servizi sono un mezzo per realizzare la nostra visione politica del mondo.
Facciamo parte di un vasto ecosistema su cui vogliamo avere un impatto positivo. Non c’è nulla che non ci riguarda.
L’organismo aziendale è una rete viva che si nutre di fiducia, trasparenza, diversità e comunicazione attiva.
Comunicare significa rendere comune l’impresa, trasmettere in maniera divertente e inclusiva ciò che realmente facciamo.
Collaboriamo con i nostri concorrenti senza segreti, per migliorare e allargare il mercato che condividiamo.
La prossima sarà l’ultima newsletter pre-vacanze estive e sarà collettiva: ogni contenuto è frutto della segnalazione di un’amica o un amico.
Riguarderà campagne, iniziative e segnaletica inclusiva dalle varie città del mondo.
Vuoi segnalarmi qualcosa a riguardo? Scrivi a flaviabrevi84@gmail.com
A presto,
Flavia
Sarebbe bellissimo che tu facessi una rubrica ironica e meno testoterone-centrica sul calcio maschile, perché non lo proponi a un altro giornale? Oppure lo potresti fare qui, io ti leggerei subito!!
Sempre molto interessante, grazie Flavia!