Un gruppo di 106 persone,
di cui 24 donne,1
“risponde a un quesito sulla parità di genere”.
Mi riferisco all’Accademia della Crusca.
(Raramente sono dalla parte di chi pensa che “ci sono cose più importanti” del linguaggio ma, ecco, non sottovaluterei il potere di una rappresentanza più equa per confermare o ribaltare il risultato di certe decisioni, come neanche Alessandro Borghese in una puntata di Quattro Ristoranti.)
Dicevamo,
interpellata dal Comitato Pari Opportunità del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, l’Accademia ha fornito alcuni suggerimenti per una scrittura rispettosa delle questioni di genere negli atti giudiziari, come - tutti i virgolettati sono ripresi dal comunicato, ndr -
un “uso largo e senza esitazioni dei nomi di cariche e professioni volte al femminile”
l’utilizzo di forme generiche come persona al posto di uomo, personale anziché dipendenti;
evitare le “reduplicazioni retoriche”, in breve la doppia forma maschile e femminile (es: lavoratori e lavoratrici), in quanto
“il maschile plurale inclusivo (a differenza del singolare) risulta comunque accettabile.”
Per me le cose sono due:
o pensi che il maschile sovraesteso non sia inclusivo, e allora che differenza ci sarebbe tra singolare e plurale,
o ti stai contraddicendo.
Proviamo a capirci con degli esercizi.
Esercizio 1
Stai scrollando Facebook, nonostante la connessione sia molto lenta.
Un’immagine non si è ancora caricata, ma puoi leggerne la didascalia:
A photo of an engineer wiring an early IBM computer, 1958.
Ecco, la figura è apparsa. Era come te l’aspettavi?
(Per fortuna in italiano questo fraintendimento non ci sarebbe perché useremmo “ingegnera”, giusto?)
Esercizio 2
Pensa a tutti i presidenti che negli ultimi 100 anni si sono succeduti all’Accademia della Crusca.
Stai pensando solo a uomini?
Vedi, anche usando il plurale, sbaglieresti.
Perché c’è stata ben una presidente.
Esercizio 3
Traduci la seguente frase:
“I principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno sopravvalutati, perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali. D’altra parte queste mode hanno un’innegabile valenza internazionale, legata a ciò che potremmo definire lo “spirito del nostro tempo”, e questa spinta europea e transoceanica non va sottovalutata.”
Ora indovina chi ha scritto questa supercazzola.
In una delle prossime puntate analizzeremo anche l’atteggiamento passivo-aggressivo con cui l’A.C. nega che l’uso dell’articolo determinativo sia usato perlopiù davanti ai cognomi femminili (pensa a quante volte hai sentito “la Meloni” e quante “il Mattarella”):
Nell’uso generale, non solo in quello giuridico, l’omissione dell’articolo determinativo di fronte al cognome si è negli ultimi anni particolarmente diffusa, non solo nel femminile, ma anche nel maschile, che lo ammetteva, nello standard, nel caso di personaggi celebri del passato (il Manzoni, il Leopardi ecc.). Oggi è considerato discriminatorio e offensivo non solo per il femminile, ma anche per il maschile. Non entriamo nelle ragioni di questa opinione, che riteniamo scarsamente fondata. Tuttavia, per quanto estemporanea e priva di motivazioni fondate, l’opinione si è diffusa nel sentimento comune, per cui il linguaggio pubblico ne deve tener conto.
Che brutta quella ripetizione “fondata-fondate”, tra l’altro.
Mi sa che anche per le segnalazioni di questa settimana devo fare riferimento alla Crusca e al passaggio in cui minimizza il ruolo della lingua affermando che:
«le moderne neuroscienze hanno messo in discussione il fatto che la lingua costituisca di per sé un condizionamento e un filtro rispetto alla percezione dei dati empirici reali»
ci sono un paio di argomentoni entrati nel dibattito di questi giorni che suggerirebbero il contrario:
“L’impasse è arrivata ancora prima di entrare nel merito, su quella questione cruciale cui gli stessi ricercatori stanno dedicando una parte significativa degli sforzi (e del denaro): la semantica, relativa al nome da dare a tutti questi prodotti prima che sia troppo tardi. (..)
Nella riunione i produttori tradizionali hanno fatto pressioni per aggettivi come artificiale, sintetica, in vitro, non avendo speranze di far passare quel falsa che avrebbe ottenuto la loro piena approvazione. (…)
Ovviamente tutti coloro che lavorano nel settore delle carni coltivate si sono opposti strenuamente a una simile diminutio”.
Da “Il destino del cibo” di Agnese Codignola”
“Gli schieramenti si sono divisi anche rispetto al lessico usato. La parte favorevole alla regolamentazione delle pratiche oggi vietate in Italia, proprio per escludere che vengano condotte nell’illegalità, usa la definizione maternità surrogata o GPA (Gestazione per Altri) o, ancora meglio, per Altre persone, onde evitare il maschile sovraesteso. La parte avversa usa utero in affitto.
C’è una bella differenza tra queste due espressioni: maternità surrogata e GPA sono espressioni perlopiù denotative, cioè che descrivono senza dare un giudizio – anche se “surrogata” potrebbe risvegliare un giudizio poco positivo (…).
Utero in affitto, invece, è un’espressione che, oltre a denotare, connota, cioè esprime un giudizio. Intanto, la donna viene ridotta al suo apparato riproduttivo (…), poi, “in affitto” sottende che l’atto sia sempre subordinato a un’abbietta e disdicevole transazione economica.
Le connotazioni sono utili per titillare i pregiudizi, i bias, dell’opinione pubblica.”
Da “Amare Parole”, il podcast de Il Post a cura di Vera Gheno
Comunque la Crusca ha fatto anche cose buone eh, come definire fascista ridicola la proposta di Fratelli d’Italia di sanzionare per legge l’uso di parole straniere.
Sì, Fratelli d’Italia sono gli stessi che quando parli di linguaggio inclusivo ribattono “MA NON SI PUÒ PIÙ DIRE NIENTE!1!111”.
L’ironia è una cosa bellissima. Purtroppo queste persone ne sono totalmente prive.
Settimana prossima la newsletter si prende una pausa per Pasqua, su cui si fa sempre molta comunicazione, a differenza del Ramadam per cui trovo solo esempi dall’estero.
Puoi ingannare l’attesa con uno dei passatempi che ho indicato in questo carosello.
Stammi bene,
Flavia
Il calcolo è stato fatto sommando le e i componenti dell’Organizzazione (Presidente, Consiglio direttivo, Collegio degli Accademici e Collegio dei revisori dei conti) sul sito https://accademiadellacrusca.it