Era un lunedì come tanti altri
[tecnicamente era il cosiddetto Blue Monday, ma passami questo espediente narrativo]
quando, facendo la solita strada per andare al lavoro
e passando vicino allo stesso supermercato che vedo ogni giorno,
il mio sguardo ha incrociato un cartello che non avevo mai notato.
Non avevo mai sentito parlare della Quiet Hour e sai perché?
Perché ho un privilegio: la mia idea di “rumore e luce accettabile” è nella media della maggioranza.
Per questo non mi sono mai dovuta interrogare su quando fosse meglio frequentare certi luoghi pubblici, e se fosse proprio necessario frequentarli.
Quella dell’ “Ora Tranquilla” non è un’iniziativa isolata, ma viene proposta da diversi supermercati. Come ho fatto a non accorgermene?
Sempre, il privilegio: non avevo bisogno di sapere.
Parlandone su Instagram, ho scoperto anche dell’esistenza delle "relaxed performance", ovvero spettacoli che hanno degli adattamenti per chi, come le persone con autismo o disturbi della comunicazione sensoriale, ha bisogno di ambienti più rilassati a teatro.
In queste performance non si spengono le luci, si evita la musica ad alto volume e si riducono gli effetti sonori forti o sorprendenti; spesso è disponibile un’area chill-out dove poter trovare un po’ di tranquillità. Tra i teatri che offrono questa possibilità a Milano c’è lo Zelig ed è grazie a Ciccio Rigoli se ora lo so.
Conosci altre iniziative di questo tipo?
Aaah, l’ottimismo.
Aaah, che bello pensare ai passi avanti che stiamo facendo sul fronte consapevolezza.
E poi ecco che m’imbatto nella scuola per principesse, con tanto di lezione di camminata sui tacchi.
Sono subito tornata con i piedi per terra.
Ancora non è dato sapere cosa insegnerà la scuola per vassalli-valvassori-valvassini.
ERRATA CORRIGE
L’account Twitter di Casio nato in seguito alla canzone di Shakira è un fake. Ne avevo parlato nella scorsa newsletter e mi scuso per non aver fatto fact-checking prima di condividerlo.
Questi giorni sono stati davvero pieni di belle scoperte.
Meta sta rivalutando il suo doppio standard nei confronti dei capezzoli maschili e femminili. “Sono queste le cose importanti?”
No, sono queste le piccole cose che ti fanno capire come agiamo in maniera discriminatoria senza accorgercene.
La prassi di accumulare più libri di quanti tu ne possa materialmente leggere, così che una pila stia sempre lì, a giudicarti in silenzio, ha un nome giapponese: tsundoku.
“Io mi chiamo Stefano Nazzi, faccio il giornalista da tanti anni e nel corso della mia carriera mi sono occupato di tante storie come questa”. Se, come me, ascolti “Indagini” avrai letto queste righe con la voce di Nazzi nella mente. Nell’ultima puntata di Cachemire il nostro amato podcaster spiega alcune sue scelte linguistiche, come evitare precisazioni inutili quali “terribile delitto” (ne esiste uno bello?) o “povera vittima”.
Sono espressioni che fanno parte della cosiddetta lingua di plastica che, come scrive Il Post, è composta da “frasi fatte, espressioni meccaniche, formule vuote” che perpetuiamo con una certa pigrizia. Probabilmente l’incipit di questa newsletter può essere considerato un esempio della lingua di plastica.
Una ricerca condotta dall’Università Cattolica di Milano ha dimostrato che usare sul posto di lavoro la doppia declinazione maschile e femminile nelle comunicazioni scritte genera maggior benessere nelle persone, maggior impegno verso l’azienda e incentiva l’impegno civile verso la parità di genere. Certo per ora si tratta di uno studio limitato a due aziende, ma è un buon segnale. Ne ha scritto per “Il Fatto Quotidiano” Federica Crovella, che mi ha coinvolta chiedendomi un commento a riguardo.
Ti auguro una settimana piena di nuove scoperte,
Flavia
Assolutamente si. Al Carrefour di Udine, in collaborazione con la Fondazione progettoautismo fvg abbiamo fatto ancora di più. 8 ragazzi speciali dichiarati inabili al lavoro vengono tutti i lunedì ad aiutarci nelle attività quotidiane seguendo un tirocinio scolastico. Ormai è da un mese circa che lo facciamo e i benefici che ne traggono e ne traiamo noi dipendenti è eccezionale. Il progetto si chiama #for nothing. Sono certa che l'ufficio stampa carrefour e la fondazione sono disponibili a dare approfondimenti, perché è il primo progetto nella gdo in Italia.
Se il corso di bon ton, trucco e dizione non è limitato alle bambine potrebbe essere una buona cosa.
Vedo talmente tanta incapacità di comunicare e comportarsi che farebbe bene a molti.
Il problema è nella folle idea di rendere le bambine 'principesse'
Comunque voglio il corso per servi della gleba... ah, no, quello c'è già
;-)