“Parlare non vuol dire soltanto emettere delle parole, ma significa poter esistere.”
Tratto da “Il luogo della parola”, di Djamila Ribeiro.
Le parole non costano nulla
e difatti spesso sono usate in maniera gratuita.
Chissà se le sceglieremmo più accuratamente, se avessero un prezzo.
Chissà se butteremmo nel carrello, a caso, un aggettivo come “vera” vicino a “mamma” (ciao zio Ezio, insegna ai tuoi amici a pagare le tasse).
T’immagini? Inizieremmo a leggere i dizionari come oggi controlliamo gli ingredienti o l’origine di un prodotto.
Smetteremmo di confondere il termine “donna” con quello di “madre”, “abbandono” con “affido” e tante altre leggerezze che pesano tantissimo, quando non è su di te che gravano.
In Croazia una storica marca di biscotti si chiama Domaćica, “casalinga”, che nel dizionario viene definita come “la moglie del padrone di casa” e “colei che non ha un lavoro al di fuori della casa”, quindi tecnicamente “disoccupata”.
Questo significato si perde nel corrispettivo maschile, “Domaćin”, ovvero “il padrone di casa” e “capofamiglia”.
Eppure si calcola che nel Paese l’83% delle donne in una relazione - immagino eterosessuale, anche se non viene specificato - svolge i lavori domestici oltre al lavoro che viene effettivamente retribuito e socialmente riconosciuto.
Per mettere in luce questo dato sommerso, il brand ha deciso che sui pack, dove spicca il logo,
venissero aggiunte altre professioni declinate al femminile, come pravnica (“avvocata”) e učiteljica (“insegnante”).
Sul retro della confezione, oltre alle normali informazioni di prodotto, viene raccontata la campagna con un invito al cambiamento.
Se t’interessa la case history, che ha portato un bel po’ di conversazione attorno all’operazione e una storica modifica al dizionario croato, guarda il video.
“L’espressione “donna non lavoratrice” è una tautologia. Non esiste una “donna non lavoratrice”: esiste tutt’al più una donna che non viene pagata per il suo lavoro. In tutto il mondo, il 75% del lavoro non retribuito è svolto dalle donne.”
Tratto da “Invisibili”, di Caroline Criado Perez.
SAPEVI CHE…
La “casalinga di Voghera” aveva un nome e un cognome: si chiamava Carolina Invernizio ed era una scrittrice della seconda metà dell’800. L’epiteto più famoso e altri meno noti, ma altrettanto sminuenti, le furono affibbiati dagli intellettuali dell’epoca. Ovviamente #TuttiMaschi.
CHIUSA PARENTESI
La rubrica per completare le notizie delle newsletter passate.
Ho già dimostrato il mio apprezzamento per le scelte testuali di Serenis quando si è trattato di un annuncio di lavoro pubblicato su Linkedin.
In questo momento in cui tutta Milano è tappezzata di sue affissioni, devo confessare però che ciò che mi ha veramente colpito è il suo microcopy.
È facile prestare attenzione per una campagna che sai che sarà vista da migliaia di persone, meno scontato è metterci cura in una mail di Out Of Office per pochi destinatari.
Vien da sé che ho deciso di iscrivermi a Filo, la newsletter della startup che offre percorsi di terapia online.
Ecco il messaggio di benvenuto che ho ricevuto:
Le segnalazioni di questa settimana:
Una storia di schiscette rubate e di come usare i nomi giusti cambia tutto per pubblicizzare un supermercato.
Perché non sempre i dati demografici bastano a comunicare il giusto messaggio alla tua idea di audience.
Riapre il corso online e gratuito “Linguaggio, identità di genere e lingua italiana”, offerto dall’Università Ca’ Foscari Venezia. L’ho seguito e lo consiglio caldamente perché, come dice la Professoressa Giuliana Giusti:
“Ci vuole metacompetenza, altrimenti diciamo cose senza fondamento linguistico e questo è del tutto inutile”.
Torno al supermercato,
mi dicono che questa settimana c’è una bella offerta nel reparto “woke washing”.
Alla prossima,
Flavia
Tutto molto giusto, ma ho una perplessità riguardo alla traduzione: "donna non lavoratrice" per come la vedo io non è una tautologia, ma una contraddizione in termini