In vista dell'8 marzo
Prima di far uscire quella campagna di comunicazione, parla con il tuo reparto HR.
Quando lavoravo in pubblicità la Festa Giornata Internazionale della Donna era una di quelle date da “presidiare”: non puoi ignorarla, non puoi non celebrarla, anche fosse solo con un post social, altrimenti sembra che il brand abbia un problema con il genere femminile.
Il risultato è che, fatte rare eccezioni, quando va bene si pubblica qualcosa di talmente generico da essere vuoto di significato (es: “Viva le donne!”), quando va male si pubblica qualcosa di involontariamente sessista, causa impreparazione sul tema (es: Viva le nostre donne!”).
Per scongiurare l’una e l’altra eventualità, un consiglio:
parla con le risorse umane o con il reparto DE&I.
Indaga su cosa realmente fa l’organizzazione sulle questioni di genere e comunica quelle. Riempi di contenuto quel post.
Qualche giorno fa ho partecipato a un evento con le aziende del Network Libellula e ho scoperto alcune iniziative che, se comunicate di più, non solo dimostrerebbero coi fatti un certo impegno, ma potrebbero essere d’ispirazione anche per altre realtà. Per esempio:
dotarsi di una policy sulle trasferte che tenga conto della sicurezza delle lavoratrici, scegliendo alberghi in zone centrali o, nel caso non fosse possibile, provvisti di ristoranti e garage interni;
al fine di prevenire la violenza economica, alcune aziende chiedono di certificare che l’IBAN su cui viene versato lo stipendio sia effettivamente intestato, o perlomeno cointestato, alla dipendente;
per coinvolgere tutto il personale, la formazione in materia di equità di genere è obbligatoria e legata al premio di risultato. So che nel mondo ideale dovrebbe esserci una spinta volontaria ad approfondire la tematica, ma siamo pur sempre un Paese dove, per insegnarci a usare le cinture di sicurezza, le hanno dovute rendere obbligatorie per legge.
Fateci vedere il frutto del vostro lavoro quotidiano, più che un fiore per l’8 marzo.
CHIUSA PARENTESI
La rubrica per completare le notizie delle newsletter passate.
In quello che è stato finora il numero più letto di questa newsletter - sarà un caso che era incentrato sulla campagna di CK e Jeremy Allen White - grazie a una foto di Alice De Ferrari riflettevamo su come gli stereotipi si insinuino anche nelle istruzioni di sicurezza dell’aereo: se c’è qualcuno che deve prendersi cura di un bambino, quel qualcuno è la donna.
Sempre grazie ad Alice De Ferrari, oggi scopriamo che AirFrance sembra essere informata dell’esistenza dei papà.
La domanda a questo punto sorge spontanea: Alice, ma quanti aerei prendi?
Le segnalazioni di questa settimana:
“Questo annuncio, in modo consapevole, non ha lo scopo di far riflettere, emozionare, ridere, informare, persuadere alla vendita o altro, ma solo di fomentare l'odio reciproco su un tema - come sappiamo tutti benissimo - che vede l'opinione pubblica polarizzata in modo oltranzista. È un secchio di benzina tirato su una foresta che brucia da mesi.”. Stefano Lombardini parte da un post di Taffo per farne una lucida analisi della linea comunicativa. C’è una bella differenza tra “prendere posizione su” e “sfruttare” un tema. Assicuratevi di rimanere sempre nella prima corsia.
In Via Ripamonti a Milano svetta la nuova campagna di Durex che ricorda che il preservativo non è solo responsabilità dell’uomo, e non va considerato come qualcosa che interrompe il rapporto, ma che ne fa totalmente parte.
“Funziona in due”. Vale anche per il consenso, concetto su cui il brand sta insistendo e investendo, chiedendo l’introduzione dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole.
La principale piattaforma di servizi finanziari digitali del Pakistan, easypaisa, offre a tutte le future spose un servizio di lettura del proprio contratto matrimoniale in 6 lingue diverse, oltre alla lingua dei segni, per colmare il “literacy gap”, il gap di alfabetizzazione. In Pakistan, infatti, due terzi delle donne ha limiti nella lettura e questo significa anche avere meno strumenti per conoscere e difendere i propri diritti.
”Questa iniziativa non riguarda solo la tecnologia, ma riguarda l'emancipazione delle donne, la promozione della trasparenza e la stabilità finanziaria che si traduce nella costruzione di famiglie più forti.”
Rifah Qadri, Responsabile Marketing e Comunicazione di easypaisa.
Se non hai mai avuto un problema con il tuo nome, hai un privilegio. Forse ti suona esagerato, ma per chi vive e lavora in un contesto in cui la propria etnia è la minoranza, l’assegnazione di un soprannome o la storpiatura del nome è quotidianità. Ed è una microaggressione, come ci ricorda Samsung UK.
Vado a riflettere sui miei altri, inconsapevoli, privilegi.
Alla prossima,
Flavia
una bellissima newsletter davvero!
Grazie Flavia. Sempre illuminante.