26 Commenti

A proposito delle virgolette per i genitori nel cartello per l'adozione, credo che possano essere dovute anche alla fatica dovuta al processo burocratico che c'è dietro, all'etichetta che ti devi conquistare.

Lunghissimo, stressante, pieno di esami, per cui risultare idonei è un passo decisivo per concludere la maratona che porta all'adozione.

Non parlo per esperienza diretta, ma per il racconto di amici che sono in ballo da anni e che anche loro finalmente potranno accogliere una nuova componente nella loro famiglia.

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Giusta specifica, grazie Antonio! (Felice per i tuoi amici)

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Anche io non vedo l'ora di ridiventare "zio"! :)

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Togli quelle virgolette! 🤣

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"Ok!"😂

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Guarda che la tua domanda scomoda è veramente “il” problema. È molto complicato, tu hai ragione, serve gentilezza ma anche fermezza, ma anche a seconda delle situazioni un filo di bonaria ironia, poi serve avere le antenne per capire se questo maschio con cui stai parlando è una causa persa o meno… è molto difficile. Però è importante non gettare la spugna e cercare di creare magari una forma di complicità maschile diversa in cui ti dai di gomito per dire “raga ma avete visto quant’è sessista questo post/questa pubblicità” invece che “raga ma quant’è gnocca la modella nella foto”.

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Sì, chiaro che poi di fronte a certi commenti tranchant non ci sono nemmeno i presupposti per un confronto dialogico.

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Che bel commento! Copre due punti su cui ho scritto proprio sotto ad altri due altri commenti.

Totalmente d'accordo: prima prendere la misura dell'interlocutore, e poi capire che strategia comunicativa. Altrimenti si rischia di usare la gentilezza quando servirebbe un po' di sano rispecchiamento: "scusa ma intendi veramente dire questo?"

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Brava Flavia, come sempre un bel modo per affrontare la domenica: costruendo idee, opinioni, imparando, condividendo. Con gentilezza. Del resto: It Is cool to be kind!

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❤️ Grazie Anna!

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Risposta breve, da uomo: no.

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Grazie per l’onestà! Ma quale sarebbe secondo te la leva da usare per far sì che un uomo si avvicini a queste questioni?

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Se per leva intendi un "gancio" non credo che sia necessario. Parlo per me, ovviamente, ma credo che basti avere un atteggiamento pacato, argomentativo, incline anche all'ascolto delle ragioni della controparte... Insomma, quello che bisognerebbe avere in ogni tipo di dibattito, a prescindere dal tema. Non dico che sia la formula del successo, ma aiuta sicuramente a scalfire di più le barriere. Evitare di fare discorsi generici e usare trigger words come patriarcato, sistema, dinamiche di potere... Magari provare a portare esempi di vita vissuta, con cui ci si può facilmente relazionare, invece di parlare per costrutti generici. Perché è normale trincerarsi sulla difensiva di fronte a discorsi come "noi donne, voi uomini". Ma se un'amica mi dice "non hai idea di quante volte degli uomini mi strofinano il caxxo addosso quando sono sul bus" io mi arrabbio, perché guai a toccarcele le nostre amiche che sono come le nostre sorelle. Da lì, "ecco, tu ora ti sei arrabbiato: pensa che questo succede a tantissime donne, che sono le amiche e sorelle di qualcun altro". Ti ho fatto un esempio che forse esula un po' fuori dall'argomento di questa specifica newsletter, ma è per spiegarmi su come intendo possa avvenire un dialogo costruttivo che inviti a ragionare e a empatizzare senza montare un impianto accusatorio (e non è un esempio tirato fuori a caso: è una conversazione avvenuta davvero con un'amica).

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Perché “patriarcato” è una trigger word? Lo dico con sincera curiosità, dato che “triggerare” significa “risvegliare un trauma”.

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Ci tengo anche ad aggiungere che "evitare di usare queste parole" è l'ultimo dei consigli in un ragionamento molto più ampio. Ognuno deve sentirsi libero di usare il linguaggio che più preferisce, e non mi sognerei mai di dire a una persona come parlare esattamente come io non tollero quando si cerca di limitare ogni espressione che possa urtare qualche sensibilità. Fino a che si dialoga nel rispetto reciproco ogni parola è concessa, altrimenti la situazione tende a diventare orwelliana (che è un po' il male del politicamente corretto).

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Sì sì, ho capito cosa intendi, anch’io evito con alcune persone di usare “patriarcato” facendo dei grandi giri di parole che, in definitiva, stanno per “patriarcato”. Ma quella parola la lascio per il livello avanzato, non base. 😉

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Triggerare in gergo internet vuol dire "far arrabbiare" o "arrabbiarsi, uscire di testa" a seconda se viene usato in maniera transitiva o intransitiva. Una trigger word è quella parola che scatena l'arrabbiatura, e può avvenire in qualsiasi contesto quando quella parola è ripetuta talmente spesso e in maniera così superficiale che viene legata direttamente a emozioni fortemente negative. Per fare un esempio, se io critico l'operato di Israele per come sta portando avanti la guerra, darmi dell'anti-semita può essere la trigger word che mi fa uscire dai gangheri perché viene ripetuta troppo spesso e a sproposito per semplificare un dibattito molto più complesso. Allo stesso modo, se si tira in ballo il patriarcato in ogni discussione, riducendo qualsiasi dinamica a una problematica di genere, la parola non solo perde di significato, ma il suo abuso fa alterare la persona che l'ascolta... anche quando poi viene citata a proposito! Insomma, è l'equivalente di un disco rotto: è chiaro che se si parla di patriarcato anche quando ci piace mangiare la carne o di piani urbanistici che sarebbero fallo-centrici a un certo punto la gente risponde dicendo "oh, avete rotto!". Scusami, la sto buttando un po' in vacca, ma è per spiegare come l'abuso di un linguaggio pappagallesco, unito all'atteggiamento accusatorio continuo, faccia più danni che altro, e non aiuti per niente la causa.

Lo ritengo comunque un problema minimale. Ci tengo a dire che dal mio punto di vista quello che più conta è l'apertura al dialogo e non lo scontro, ed è su quello che volevo porre l'accento quando mi hai chiesto come poter instaurare una relazione che fosse istruttiva e costruttiva.

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Io credo di capire cosa intendi, ma sono sul versante opposto rispetto al tuo.

Se una parola ti fa arrabbiare, per me, hai la coda di paglia.

Inoltre proporre di usare esempi concreti e non discorsi generici è un mezzo insulto (lo dico senza intenzione ostile) all'intelligenza maschile. Perché non si può parlare genericamente e astrattamente? Si può, si deve, se l'interlocutore non ci arriva chiederà lui un esempio per esplicitare il tema tratteggiato.

Quindi per me:

* non esistono (e non dovrebbero esistere) parole tabù

* va definito il piano dell'uguaglianza (che se l'interlocutore pensa che uomini e donne non stiano sullo stesso piano, il discorso è già altrove)

* stabilita la parità, si usa il rispecchiamento (come dici anche tu)

E se siamo pari e puoi vedere il mio punto di vista siamo già a posto. Nella mie esperienza? 90 su 100 il problema è tutto lì.

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Ciao Flavia! Grazie per la menzione! Apprezzatissima! La integrerò in una qualche password ;)

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🤣

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Sono d'accordo fin dal titolo e sottotitolo. Non avevo ancora ascoltato il discorso di Emily Calandrelli e mi ha dato un gran bello spunto per la prossima Morbido. Ti leggo sempre appassionatamente, grazie!

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Grazie a te!

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Australia e Alto Adige nominati in un solo post, mi sento quasi a casa ;) Purtroppo, credo che la lingua italiana e la sua grammatica offrano poco spazio per l'inclusivita' come la intendiamo oggi, e mi viene quasi da chiedermi se sia giusto aggiungere '*' 'x' o 'AE'? Da sempre 'tutti' significa tutti e tutte (everyone), io in quanto donna non mi sono mai sentita esclusa. Preferisco un 'benvenuto cliente' a un 'benvenuto (a)' come se io fossi un afterthought. Qui sono d'accordo con te'. Oppure usiamo l'inglese, o qualche altra lingua piu' neutra e amen. Welcome all! Cosa ne pensi?

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Ciao Barbs, bello che tu ti senta a casa! Io avrei risolto con un bel “Ti diamo il benvenuto”, universale e che non mi faccia sentire “cliente”. ;)

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Omg (facepalm) non ci avevo neanche pensato XD si anche dire così sarebbe stato perfetto, almeno per chi non si offende per la mancanza del "lei" più formale.

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La gentilezza è una trappola.

Io penso che i sentimenti ce li scambiamo come monete. Io te ne do uno, tu me ne dai un altro. Molto spesso la legge dello scambio è su base reciproca, sopratutto grazie all'educazione. In alcuni casi però non è così.

Ci sono persone che per mille motivi (ma ne dico qui uno subito: l'ego) pensano di poterci trattare un po' come gli pare. Sopratutto in famiglia, con le persone da cui sono amati, alcuni pensano di poter fare quello che vogliono, tanto, appunto sono amati.

Chissà quante volte abbiamo sentito, a parziale discolpa di certi comportamenti espressioni (odiose) come: "ma lui/lei è fatto/a così"; "non fare il permaloso/a"; "metta ragione chi ce l'ha".

Beh, rispondere a una persona scortese (offensiva, inappropriata, vedi tu) con la gentilezza è maledettamente controproducente. Li giustifica e non li fa riflettere. La gentilezza è una validazione dell'altro.

Il valore in cui credo io invece è il "rispetto". Il rispetto non prevede gentilezza, che è qualcosa che riservo a chi è con me gentile o a chi mi piace. Il rispetto lo do a tutti invece, ed è il mio modo per capire se il rispetto lo dai a me.

Se qualcuno parte mancandomi di rispetto, glielo faccio notare e gli chiedo se a lui/lei piacerebbe essere trattato così.

Ma io sono una persona diretta e voglio che gli altri lo siano con me. Bene, sei una persona maleducata, perché il tuo modo di vedere lo imponi agli altri. Il rispetto serve a vivere fra persone civili, non sei capace? Sei un'incivile. Ti va bene come espressione di schiettezza?

È il rispetto che salverà il mondo. Quando inizieremo a darlo e pretenderlo.

Che ne pensi?

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