In una settimana è successo di tutto, quindi faccio un po’ d’ordine.
Nello scorso numero ho accennato al molestatore seriale molto conosciuto “nel giro”.
Domenica sera l’Art Directors Club ha diffuso la notizia che Pasquale Diaferia è stato escluso dai membri dell’associazione. La decisione, secondo il comunicato, è stata presa all’unanimità mercoledì 7 giugno e anche se la motivazione non è nota, viene naturale chiedersi se ci sia un collegamento con l’intervista in cui Massimo Guastini citava alcune testimonianze ricevute sul modus operandi di Diaferia.
Nell’intervista si menzionava anche una ventenne a cui Diaferia aveva offerto un passaggio, per poi fermarsi in un parcheggio isolato e tentare degli approcci sessuali. La donna ha deciso di venire allo scoperto e pubblicare su Facebook la sua testimonianza. Eccone un estratto:
“Nel 2011 ero convinta che il mio fosse un caso isolato, la cazzata di un momento, invece siamo ancora qua a parlarne e in toni ancora più seri. Da quella faccenda ho attacchi di panico ogni volta che devo accettare un passaggio in auto, di norma guido sempre io.”
La scorsa domenica ho scritto anche di una chat di soli uomini accomunati dal lavorare per la stessa azienda digital e dallo spirito del branco, che li spingeva a commentare in maniera violenta i fisici delle colleghe, cape e dipendenti (escluse quelle in una relazione con uno di loro).
Alla fine è venuto a galla il nome dell’agenzia, grazie anche al commento su Facebook del suo Vice Presidente.
Ho coperto i nomi solo perché non mi è chiaro quanto posso rivelare legalmente dell’identità di una persona che scrive su un profilo Facebook altrui ma, insomma, stanno tutti qui, insieme ai commenti di chi incalza per sapere che conseguenze reali ci sono state e di un ex partecipante della chat che ha deciso di rivelarsi:
“effettivamente Skype non era uno strumento di lavoro sicuro, tant'è che poi passammo a workplace subito dopo. però i computer erano dell'agenzia e anche l'orario in cui si scriveva era di lavoro e anche le colleghe erano di lavoro.”
Una ex dipendente dell’agenzia scrive:
“Scusa ma non stai proprio dichiarando il vero. Io sono arrivata nella vostra agenzia dopo l'episodio della chat e ancora da voi ho subito bullismo perché mi sono permessa di parlare di alcuni episodi sessisti in agenzia successi a me di persona. La vostra risposta è stata chiedermi una riunione in una stanza a vetri in cui tutta l'agenzia poteva vedere che mi stavate "sgridando", con HR e il mio ai tempi Director che mi urlavano contro perché secondo loro facevo riferimento alla chat (argomento di cui non sapevo nulla, me l'hanno fatto scoprire loro durante questa riunione - furbissimi).
Tre mesi dopo ho dato le dimissioni perché ho iniziato a soffrire di attacchi di panico per il velato mobbing che ho continuato a subire dopo quella riunione.”
I nomi sono stati coperti anche nelle testimonianze che Taniume ha raccolto sul suo profilo Instagram per proteggere chi ha parlato, non chi ha compiuto i fatti.
Tra le storie in evidenza “Molestie adv” leggerai di ragazzi che spiano le colleghe in bagno dal buco della serratura,
di domande insistenti sulla vita sessuale delle lavoratrici,
di capi che invitano le dipendenti più carine alle cene con i clienti per strappare rinnovi o extra budget
e Direttori Creativi che includono, nelle spese di shooting, la sex worker che li aspetta in camera d’albergo.
Mi piacerebbe dirti che si tratta di un fenomeno esclusivamente pubblicitario, ma sappiamo che è sistemico.
Il 12% delle intervistate dall’ “Osservatorio sugli ostacoli e le discriminazioni contro le donne nella ricerca del lavoro” ha dichiarato di aver ricevuto molestie durante il colloquio faccia a faccia, dai commenti a sfondo sessuale ai complimenti indesiderati.
E poi ci sono tutte quelle notizie che leggi separatamente sui giornali, ma che se metti insieme ti fanno scorgere tutto il quadro. Solo questa settimana:
“Sono dei gran maleducati, però almeno c’è f**a”. No, non era la fila quella menzionata nella chat di due relatori referendari della Corte di Giustizia durante la lezione per magistrati e magistrate ordinari/e in tirocinio alla Scuola Superiore di Scandicci.
RyanAir ha licenziato il suo capo dei piloti per molestie sessuali dopo una denuncia anonima e segnalazioni da parte di 8 donne dell’equipaggio.
“Quando ho raccontato la verità nei processi ho sentito un isolamento totale: mi hanno trattata da pazza, mi hanno dato della prostituta.” Ambra Battilana e le cene ad Arcore a cui venivano spedite le ragazze che volevano lavorare.
Altre segnalazioni:
Il mondo della pubblicità ha anche altre questioni da risolvere: secondo il World Federation of Advertisers lo stress e l’ansia predominano, soprattutto in Italia. E in Irlanda hanno calcolato che solo il 5% del personale è over 50, lasciando intendere di avere qualche problema di ageismo.
Il Giappone ha ampliato la definizione di “stupro” da “rapporto sessuale forzato” a “rapporto sessuale non consenziente” e, come dice Luca Vanz nella sua newsletter:
“quella parola fa tutta la differenza, perché contiene il concetto di consenso esplicito e impedisce ai giudici di fare i maschietti furbi con le provocazioni, l'abbigliamento e altre furberie. (per i più distratti: in gran parte del mondo occidentale la legge prevede di chiedere un consenso esplicito).”
Il 14 giugno in Svizzera si è tenuto il grande sciopero delle donne per il divario salariale e pensionistico.
Ispirata dall’alfabeto Morse, la polizia della Corea del Sud ha elaborato un nuovo messaggio in codice per aiutare le vittime di violenza domestica che non possono parlare: “Toc toc”.
Ma ti ricordi i tempi in cui in questa newsletter si vedevano solo spot belli?
Vediamo dove ci porta questa settimana.
A domenica,
Flavia
Ero iscritta alla tua mail ma ogni volta avevo difficoltà, avendo vissuto abbastanza sulla mia pelle, a leggerla e mi sono disiscritta. In dei momenti però ho il bisogno di leggerla e faccio delle micro incursioni finché lo stomaco regge. Ora sto scrivendo di getto, col cuore in gola e le lacrime perché tremo ogni volta che esco di casa e le parole mi muoiono in gola, insieme alle grida, insieme ai perché. Non so se è una buona idea affidare qui queste parole, in uno spazio pubblico e tutto, dove chiunque può vedere, leggere e commentare. Posso confermare che sono cose che fanno paura perché poi ti trovi addosso - quando non sono ricatti sul lavoro e il resto - l'etichetta perenne di quella stuprata o "semplicemente" della vittima (relegandoti però solo a questo. Sei del tutto annullata tu, sei solo e unicamente, univocamente una vittima). Non so neanche cosa voglio o cosa pretendo quindi scrivendo. Forse è solo per senso di liberazione, per unirmi al coro di "basta" o per non sentirmi lasciata sola e indietro, sia nella violenza - che non è solo sessuale, c***o! quella arriva quando tutte le altre cose sono state ignorate, svuotate, baipassate con nonchalance e il "ma su, che sarà mai" o peggio con "vabbè, finché non ti mette le mani addosso ci puoi stare, no?" - sia in un riscatto che non c'è mai veramente. Perché il male non lo cancelli e continui a svegliarti ogni odioso giorno con quella consapevolezza e con la consapevolezza che si svegliano pure loro, e che la loro vita, beata, continua spesso placida e felice mentre la tua è interrotta a quel momento e riparte (se riparte) con estrema fatica e degli strascichi allucinanti. Ci tengo a ribadire che far ben intendere quanto sia difficile andare avanti non è un atteggiamento vittimistico, piuttosto una constatazione, che tante volte ha anche l'orribile sapore della resa - la giustizia non sai più dov'è o dove trovarla e molte volte ti arrendi al fatto che non ci sarà. Spero sarà sempre meno così e che non vengano più insabbiate cose o scialacquate con il -washing del caso montato ad hoc perché si è alzato il polverone. Vorrei davvero che questo marciume finisse una volta per tutte, che la gente così venisse rinchiusa e punita e non avesse mai più modo di interfacciarsi con altre persone. Ditemi che non è un utopia e che possiamo realmente cavarne qualcosa di buono da questo osceno vaso di Pandora, che è solo uno e simbolico di quanti ce ne siano in giro in realtà. La pubblicità sudcoreana contro la violenza domestica mi ha fatto piangere, per la gratitudine e per il racconto delicato e d'impatto di una piaga così orrenda.
Io alterno momenti di speranza nel cambiamento, momenti di rabbia e momenti di frustrazione estrema pensando che nulla cambierà mai. Alle volta ho fiducia nelle nuove generazioni, altre volte penso che siano peggio della nostra. A volte penso che per quanto ne parliamo noi che siamo sensibili all'argomento, ci siano miliardi di persone per le quali il fatto che le donne siano considerate in funzione del maschio sia nello stato "naturale" delle cose. Proprio non vedono. E i maschi con cui parlo si sentono accusati e dimostrano assenza di empatia per il genere femminile. Per loro siamo veramente "l'altro sesso", se non stiamo alle loro regole, automaticamente siamo esagerate.
Specifico che sto generalizzando, perché il più delle volte mi viene obiettato "non siamo tutti così".
Anch'io come tante vorrei fare di più, e provo a farlo scrivendo, parlando condividendo su web. Sperando che non rimanga tutto in una bolla e che leggendo e condividendo altre donne continuino a parlare.
Solo quando raggiungeremo in massa i vertici del potere (giornali, politica, aziende) forse cambierà qualcosa.