A una decina di giorni dal 25 dicembre, in piena atmosfera natalizia, qualcosa ha ucciso il bambino o la bambina che siamo stati:
Cristina D’Avena si è esibita alla festa per il decennale di Fratelli D’Italia.
Icona della comunità LGBTQIA+, sempre presente ai Pride (se non fisicamente, almeno con le canzoni), era ovvio che la sua partecipazione all’evento di un partito omolesbobitransfobico che afferma con una certa violenza verbale le proprie posizioni sarebbe risultata quanto meno contraddittoria.
Sui social la cantante ha provato a placare la polemica con una sorta di comunicato stampa, ottenendo però un risultato diverso da ciò che immagino si aspettasse, a causa di alcune ingenuità di comunicazione:
“Stasera, come tutte le altre, non porto ideologie, ma musica.”
Primo errore: l’uso della parola “ideologia”, appartenente più al linguaggio della politica di estrema destra che dell’attivismo, perché va a disumanizzare la questione dei diritti - che riguarda vite e identità - e la porta su un piano teorico.
“Non mi schiero e non cambio pelle all’improvviso. Ho accolto un invito per cantare, non per militare sotto una bandiera”.
Siamo nel 2023, l’anno in cui Dua Lipa e Rod Stewart si sono rifiutati di esibirsi per i Mondiali in Qatar, ma ahimè anche l’anno in cui Laura Pausini si è rifiutata di cantare Bella Ciao in quanto “canzone divisiva”. Credere ancora che la politica sia solo quella cosa che si fa nei palazzi romani è anacronistico: cosa scelgo di mangiare, con che mezzi decido di spostarmi, dove compro, sono politica. Tutto lo è.
“Ho sostenuto, e sempre sosterrò, i diritti civili e l’amore universale che dovrebbe essere alla base della crescita di ogni essere umano”.
In che modo D’Avena ha sostenuto i diritti civili? Andando a cantare ai Pride? Perché se è questo il metro di misura, allora è vero anche che ha sostenuto Fratelli d’Italia. Ben altra cosa sarebbe, invece, se la cantante si fosse sempre esibita gratis per i Pride o se avesse usato il palco del partito di Meloni per lanciare un messaggio sui diritti civili.
PLOT TWIST
In effetti, qualcosa ha fatto.
Anche se credo che il suo messaggio sia stato un po’ troppo blando e generico, al tempo stesso non posso fare a meno di domandarmi: non sarà forse così che si rompono le bolle?
Sì, volevo proprio dire bolle.
Ne discuto da un po’ con amiche e colleghe femministe: è molto bello vedere che non siamo sole, che ci sono persone che credono nelle nostre stesse cause e con cui possiamo darci una mano, ma alla fine come facciamo a cambiare le cose se siamo sempre noi a parlare con noi di noi?
Non ci staremo ghettizzando?
Qualche mese fa ho partecipato a un evento che si è tenuto nel comune italiano col sindaco leghista che ha ricevuto più voti in tutta Italia. “Il pubblico probabilmente non sarà dalla tua parte”, mi aveva avvertita l’organizzazione, una lista civica apartitica che tuttavia appoggiava il sindaco vigente. Non ho detto di no. E sì, il mio modo di comunicare si è fatto più blando rispetto al solito.
Come dicevo anche in una precedente newsletter – toh! Riguardava Giorgia Meloni – lavorare in pubblicità mi ha insegnato che il linguaggio va calibrato in base al pubblico: se una platea di attiviste ha bisogno di essere incoraggiata, una platea di reazionari ha bisogno di essere tranquillizzata se messa di fronte a una novità.
E siamo noi che possiamo tranquillizzarla, non chi ha tutto l’interesse di metterci gli uni contro gli altri.
Lascio quindi qui una domanda aperta: sarebbe poi così sbagliato usare palchi avversi per portare messaggi che altrimenti rimarrebbero fuori da certi contesti?
Poi possiamo discutere dei modi.
“Il modo più semplice per scatenare l’odio di qualcuno facendo leva sulla sua identità è di minacciarne lo status, cioè dire a una persona, a un gruppo che non meritano ciò che possiedono, e che potrebbe venir loro tolto come parte del percorso verso una maggiore giustizia sociale”.
Tratto da Scorrettissimi. La cancel culture nella cultura americana, di Costanza Rizzacasa d’Orsogna.
BUONI PROPOSITI PER L’ANNO NUOVO
ovvero un pretesto narrativo per la sezione delle segnalazioni.
Nel 2023 vorrei:
Informarmi un po’ di più quando un brand gioca la carta della beneficienza:
Ascoltare più podcast creati da donne, dato che solo uno su quattro in classifica è tenuto da donne. A dir la verità, sarebbero gli uomini i più refrattari ad ascoltarle, ma ammetto che la mia routine quotidiana è fatta di Morning (Francesco Costa), Tienimi Bordone (Matteo Bordone) e Non hanno un amico (Luca Bizzarri), quindi chi sono io per giudicare?
Rileggere “I Promessi Sposi” perché, come ha detto Marcello Fois durante la manifestazione romana Più Libri Più Liberi: “Manzoni non si studia a scuola perché piace, ma perché contiene tutto ciò che si deve sapere. Se non vi piace quando lo studiate a scuola è sano, ma v’invito a riscoprire la linea ormonale del romanzo. Siate lettori creativi.”
Non fare nulla e per un buon motivo, come riporta questo biglietto che accompagnava una bottiglia di birra di 10 anni fa.
“We’re celebrating 170 years of doing absolutely nothing.
We haven’t changed Pilsner Urquell since we created in 1842.”
Ti auguro di riuscire a non fare nulla pure tu, soprattutto durante le Feste.
Alla prossima “Sarò Brevi”,
Flavia
Bellissimo punto di vista. Non potrei essere più d'accordo.
Per quanto riguarda i Promessi sposi mi permetto di suggerirti due volumi che usciranno il prossimo anno a firma Beppe Roncari (non sono io e non sono pagato :-) ) per Sperling and Kupfler.
"ENGAGED¹ – Il Libro di Renzo" – maggio 2023 (in tempo per l'anniversario dei 150 anni della Morte del Manzoni che cade il 22)
- "ENGAGED² – Il Segreto di Lucia" - luglio 2023.
Sono certo che daranno una visione molto interessante alla vicenda.
Grazie Flavia, trovo che questa riflessione sia davvero necessaria. Il rischio di non adeguare la forma di comunicazione al target è quello di polarizzare ancora di più la discussione e crescere ciascuno nella propria bolla senza confrontarsi mai con chi la vede diversamente. Grazie per aver affrontato questo temo. My 2cents: ho appena finito un libro molto bello, direi illuminante. si chiama "Arte di ascoltare e mondi possibili: come si esce dalle cornici di cui siamo parte" di Marianella Sclavi. Ha una parte interamente dedicata alla gestione creativa dei conflitti.